Fatti
Biot era in contatto con le spie russe da mesi. E potrebbe essere solo uno dei loro tanti ganci
di Giorgio Saracino
Pubblicato il 2021-04-02
I famigliari continuano a dire che abbia agito per disperazione. E potrebbe essere proprio così, perché gli esperti dello spionaggio probabilmente non avrebbero fatto la sua fine
Quattro smartphone, una mini sd, uno scatolone con il farmaco per combattere il colesterolo alto. Così il capitano di Fregata Walter Biot entrava tutte le mattine in ufficio. Poi a volte fotografava i documenti “riservati” e “segreti”, altre invece no. Quando lo faceva incontrava poi Dmitrij Ostroukhov, il diplomatico russo che lo aveva agganciato alcuni mesi fa. I due si davano appuntamento vicino Pomezia, lì dove l’ufficiale italiano ha quella casa difficile da mantenere per lui (economicamente). L’attività è andata avanti per mesi, e i famigliari di lui lo hanno detto e ripetuto: “Non ha messo in pericolo la Nazione, quei documenti non erano niente di che, e anzi. Lui ha fatto la guerra, la Seconda del Golfo. Se mio padre è colpevole, lo ha fatto solo perché viviamo in difficoltà: quattro figli, quattro cani, una casa fuori Roma sì, ma grande e con un mutuo”. Lo ha detto prima la madre, poi lo ha ripetuto anche uno dei figli: “Per giunta una sorella è disabile”.
E poi lo ha detto anche Biot stesso, non davanti al magistrato a cui ha riferito di volersi prendere del tempo per rimettere assieme i pezzi (si è avvalso della facoltà di non rispondere), ma dal carcere di Regina Coeli, parlando con il suo avvocato, a cui ha affidato poche ma chiare parole: “Non erano documenti che potessero mettere in pericolo la sicurezza nazionale”. E questo è un fattore molto rilevante, per vari motivi. Primo fra tutti: verrà giudicato da un Tribunale militare, e la pena è commisurata al pericolo a cui ha esposto lo Stato. Per i documenti riservati si parla di un minimo di 5 anni di reclusione, per i documenti etichettati come segreti un minimo di 20; in casi estremi è previsto anche l’ergastolo (in passato c’era addirittura la pena di morte). Senza dire che, nel caso di congedo con disonore, non riceverebbe più lo stipendio. E allora sì che la famiglia sarebbe veramente nei guai: il figlio ieri ha detto che in quel caso “devo andare a rubare poi, lo devo fare davvero”.
Walter Biot è stato arrestato il flagranza di reato, e anche Dmitrij Ostroukhov è stato preso con le mani nel sacco, ma, in qualità di personale diplomatico non è stato portato dietro alle sbarre e semplicemente all’aeroporto prima di essere espulso insieme ad Alexey Nemudrov. Entrambi militari del Gru, il servizio di informazione delle forze russe. Loro lo avevano reclutato, ma avevano destato un certo sospetto nelle Autorità italiane, che avevano notato questo viavai insolito dei due ufficiali russi, spesso a colloquio con il Capitano di Fregata. E – si sa – lo spionaggio non è una novità: è sempre esistito. Tanto che, per star sicuri, i Ros hanno piazzato delle telecamere nascoste nell’ufficio di Biot, hanno riempito di cimici anche la sua auto. Lo hanno sorvegliato, così come hanno fatto con Dmitrij Ostroukhov, che per recarsi agli appuntamenti con l’ufficiale italiano faceva il giro della città, impiegava quattro ore, si guardava alla spalle, cambiava spesso direzione per non destare sospetti. Ma tutto ciò non è servito perché poi, quando sono stati fermati, il russo aveva in tasca la scheda sd con 181 scatti, Biot una scatola con 100 banconote da 50 euro.
Nessuno se lo sarebbe aspettato da lui, o almeno così dice chi lo ha conosciuto sul lavoro. E infatti questa potrebbe essere una chiave: se è vero che non è la prima volta che l’ufficiale incontrava i russi e che quindi la cifra intascata nei mesi potrebbe essere di gran lunga superiore a quella che è stata trovata nella scatola il giorno dell’arresto (5mila euro), è altrettanto vero che è una somma bassa, molto bassa. Si sa che lo spionaggio esiste, si sa che esiste il controspionaggio. E si sa che le informazioni veramente pericolose valgono solitamente molto di più. E fonti della Marina a Nextquotidiano hanno detto che effettivamente documenti veramente importanti non vengono consegnati nelle mani di un capitano di Fregata nel suo ufficio, ma possono essere consultati solo in luoghi appositi. Che Biot era un ufficiale (si passi il termine) di “serie B”, di quelli che non hanno frequentato l’Accademia di Livorno, ma che erano sottufficiali, che poi tramite un concorso hanno avuto la promozione. E che per questo a 55 anni era “solo” Capitano di Fregata (chi conosce la marina sa che a quell’età sei verso fine carriera e per lo meno devi essere capitano di Vascello o Contrammiraglio). Che, semmai uno dovesse decidere di fare la spia, non si venderebbe per 5mila euro, sapendo che i budget per questo tipo di attività (previsti da tutti i servizi di intelligence del mondo) sono molto più alti. E che, soprattutto, se sei una spia seria non ti fai arrestare nel parcheggio del supermercato. Una spia “professionista” non fa così. Fa così solo un povero disgraziato che ha necessità di soldi. E i russi? Loro potrebbero aver testato Biot con queste poche migliaia di euro. Test fallito. Con Biot, perché chissà con quanti altri, di cui non si sa nulla, invece è riuscito.