Bianca Balti contro la norma anti-rave: “Io sarei dentro con l’ergastolo”

di Asia Buconi

Pubblicato il 2022-11-03

Bianca Balti non ha nascosto di aver partecipato spesso e volentieri a party di questo tipo nel corso della sua giovinezza

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Oltre alle voci dell’opposizione, che hanno parlato di un vero e proprio attentato alla libertà dei cittadini, contro la norma anti-rave voluta dall’esecutivo di Centrodestra si sono sollevate pure quelle di alcuni personaggi pubblici. Dopo Fiorella Mannoia, secondo la quale il decreto promosso dal Centrodestra “puzza”, ad esprimersi è stata pure la modella Bianca Balti, che non ha nascosto di aver partecipato spesso e volentieri a party di questo tipo nel corso della sua giovinezza.

Bianca Balti sulla norma anti-rave: “Io sarei dentro con l’ergastolo”

Bianca Balti ha detto la sua in merito al dibattito sul decreto anti-rave che sta monopolizzando l’interesse dell’opinione pubblica, affermando che se all’epoca ci fosse stata tale norma (che deve ancora passare al vaglio del Parlamento) sarebbe “ancora dentro (in prigione, ndr) con l’ergastolo”. Poi, la supermodella ha aggiunto su Instagram: “Il decreto rende illegale qualunque raduno con più di 50 persone che sia ritenuto dalle autorità pericoloso. Non specifica raduno musicale perciò persino politico o sindacale. Qualcosa che non esiste nemmeno in Russia”. Infine, la stoccata: “Caspita il mondo va avanti e l’Italia torna indietro”.

Rave party, cosa prevede il primo decreto legge del governo Meloni: dalle multe al carcere

Col primo decreto approvato in Cdm, l’esecutivo Meloni ha preso una posizione netta contro i rave party andando a introdurre un nuovo comma all’articolo 633 del Codice penale che riguarda appunto l’invasione “di terreni ed edifici”. Con esso, è stata stabilita la reclusione da 3 a 6 anni, multe da 1.000 a 10.000 euro e si procede d’ufficio “se il fatto è commesso da più di 50 persone allo scopo di organizzare un raduno dal quale possa derivare un pericolo per l’ordine pubblico o la pubblica incolumità o la salute pubblica”. Non solo: il decreto presentato dall’esecutivo chiarisce che in caso di condanna “è sempre ordinata la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e di quelle utilizzate per realizzare le finalità dell’occupazione”.

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