Antonio Rinaldi, il “neuroparlamentare” che offende i camerieri e non sa dove trovare i soldi per l’Iva

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2019-05-31

Il neo eletto no-euro parlamentare europeo ieri a Piazza Pulita ha promesso di “dare i numeri” per spiegare dove il governo troverà i soldi per evitare l’aumento dell’Iva e fare la Flat Tax. Ma come al solito il grande economista sovranista non ne dice nemmeno uno. Molto più facile insultare i camerieri e il giornalista del Corriere Federico Fubini

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Antonio Maria Rinaldi, sovranista no-euro, animatore del sito Scenari Economici, allievo di Paolo Savona (quello del Piano B per uscire dall’euro) da domenica è Europarlamentare. Finalmente quindi quando Rinaldi va in televisione gli si può chiedere cosa ha intenzione di fare nel concreto, visto che è stato eletto con la Lega, la maggioranza per mantenere le promesse fatte in questi ultimi giorni sull’aumento dell’Iva e sulla Flat Tax.

Rinaldi offende i camerieri (che lo votano)

A maggior ragione, visto che ora verrà pagato anche con i nostri soldi per rappresentarci (certo, non in maggioranza) al Parlamento Europeo gli si può chiedere di spiegarci il rapporto senza dubbio complicato tra il governo italiano e le istituzioni europee. Rinaldi però tra tutti i pregi ha quello di non rispondere alle domande che gli vengono fatte. Ieri sera a Piazza Pulita ad esempio gli è stato chiesto di commentare la situazione degli ultimi giorni, quella della famosa letterina inviata dalla Commissione Europea.

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Rinaldi  spiega: «ho fatto un ragionamento molto semplice se i rapporti tra i paesi europei sono arrivati al punto che  danno 48 ore di tempo per rispondere fa un po’ di paura perché tra stati 48 ore si danno per gli ultimatum di guerra. Non si danno neanche ai camerieri 48 ore, si danno 15 giorni, evidentemente ci considerano così». Ora non si sa cosa volesse dire davvero Rinaldi, forse c’era un ammiccamento alla classica battuta sui burocrati europei “camerieri dei banchieri” ma c’è chi ha visto l’uscita del “neuroparlamentare” (così Formigli in un lapsus) come un insulto alla categoria.

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Chissà, forse ora che prenderà il lauto stipendio europeo Rinaldi scoprirà che bisogna avere più rispetto per i cittadini. Ma tornando a quello che Rinaldi non dice il punto è che – e lo ha spiegato Federico Fubini – le 48 ore sono dovute al fatto che la Commissione ha voluto mandare la lettera prima delle elezioni. Un fatto che, riferisce Fubini, è stato spiegato in questi termini anche dal ministro Tria che ha detto che contenuto della lettera era stato già ampiamente anticipato. Riguardo al fatto invece che la letterina riguardi il 2018 Rinaldi non dice invece che il punto delle critiche è il fatto che l’Italia ha speso lo 0,2% di interesse perché sono saliti i tassi di interesse. E sono saliti non per un oscuro complotto dei Poteri Forti ma perché tra marzo e giugno i componenti dell’attuale governo si sono divertiti a fare dichiarazioni che hanno fatto “preoccupare” i mercati circa la nostra capacità di ripagare il nostro debito.

Le strane dimenticanze di Rinaldi

Archiviata la questione si passa alle cose serie. Una su tutte l’Iva. Anche Rinaldi dice che non aumenterà e ci tiene a ricordare che «queste famose clausole di salvaguardia di montiana memoria ce le tiriamo avanti dal 2011-2012 e siamo arrivati a 19 miliardi di euro grazie agli 80 euro». In realtà il primo a ricorrere alle clausole di salvaguardia fu Berlusconi e visto che il governo Conte non ha tolto il bonus degli 80 euro dare la colpa agli ottanta euro (che ci sono dal 2014 senza aumenti Iva) non sembra una grande giustificazione. Salvini ha parlato di flat tax, una misura che dovrebbe costare tra i 12 e i 14 miliardi di euro. La proposta della Lega prevede un’aliquota fissa al 15% entro i 50mila euro l’anno di reddito. A chi conviene? Fino a 25mila euro l’anno – vale a dire un reddito di 1.500 euro al mese – si scopre che sarebbe più conveniente l’attuale sistema di tassazione. Più il reddito sale e si avvicina alla soglia invece maggiore è il guadagno per il contribuente. Insomma è una legge che conviene di più a chi guadagna di più.

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«Dove li trovate i 23 miliardi per le clausole di salvaguardia sull’Iva?» chiede Alessandra Moretti. La risposta di Rinaldi dà la misura del personaggio: «E i 10 miliardi per gli 80 euro dove li avete trovati? Sotto un tavolino li avete trovati? Eh allora, Eh no eh!». E allora giusta o sbagliata che sia stata l’idea degli 80 euro (che ricordiamo l’attuale governo non ha abolito) i fatti dicono che quei soldi sono stati trovati e allo stesso tempo è stato sterilizzato l’aumento dell’Iva. Rinaldi invece che fare battute da bar dovrebbe dirci – visto che è un economista – dove sono i soldi, o quanto meno dove pensa di trovarli.

Rinaldi dà i numeri

«E mò parlo io. I numeri ve li do io. Vogliamo continuare con la politica dell’austerity o vogliamo rilanciare i consumi? Questa è la scommessa. Se non non lasciamo in tasca degli italiani più risorse». Anche il solutore meno abile sarà in grado di cogliere come Rinaldi nonostante la premessa da spaccone di numeri non ne abbia dati. Infatti gli rifanno la domanda. «Ma la pagate in deficit?» chiede Formigli. Risposta: «all’inizio sarà anche in deficit, dobbiamo perseguire politiche espansive» dice quasi urlando. Poi Rinaldi fa la domanda esistenziale che ingolfa ogni possibilità di ragionamento «Tutto il mondo dove li trova i soldi?».

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Naturalmente poco interessa dove trovino i soldi “in tutto il mondo” (volendo si può sempre prendere l’esempio dello Zimbabwe o del Venezuela) perché quei 23 miliardi (più i 14 per la Flat Tax) dobbiamo tirarli fuori noi. La risposta sul dove nascono i soldi la dà Federico Fubini che – mentre Rinaldi mormora questo dice cazzate – spiega che «i soldi “nascono” dalla pressione fiscale». Fubini ricorda che i paesi che hanno la Flat Tax hanno un reddito medio più basso di quello italiano, un welfare che non è ai nostri livelli e un’Iva molto alta (ad esempio in Ungheria è al 27%). Il senso è: non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca. Il governo deve scegliere se tenere l’Iva al 22% o abbassare le tasse al 15% ma non può fare entrambe le cose. Non con i nostri conti pubblici.

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Rinaldi, l’europarlamentare che tutto il mondo ci invidia, ha un rapporto complicato coi giornalisti. Tant’è che quando si accinge a (non) rispondere per l’ennesima volta chiede a Formigli «lo spegni un minuto?» (Fubini era in collegamento). Ed infatti Rinaldi non risponde. Dice che delle economie emergenti hanno un tasso di crescita superiore al nostro e prima di buttarla di nuovo in caciara mettendo in dubbio i titoli di studio del giornalista. Di nuovo non dice dove si trovano i soldi né ci dà questi benedetti numeri. Perché al solito l’unica risposta è quella detta a mezza bocca di “fare un po’ di deficit” che però non è consentito dalle regole europee. Regole che i leghisti all’Europarlamento non hanno né i numeri né il tempo per cambiare.

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