Alitalia, il piano tragico di Di Maio

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2018-10-11

Il vicepremier vuole convertire il prestito-ponte in azioni e dividere la società in due con un nuovo investitore. Ma il prestito-ponte è sotto la lente UE, il nuovo investitore non si vede e la compagnia versa in condizioni irreversibili

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“Convertiamo in azioni dello Stato parte dei 900 milioni del prestito ponte concesso alla compagnia dal passato governo e in un mese possiamo chiudere al meglio il dossier così come è successo con Ilva”: facile a dirsi, e infatti lo dice Luigi Di Maio che il piano per Alitalia c’è e la compagnia di bandiera si può (ancora, per la millesima volta) salvare. Il problema è che parlare è facile, agire meno.

Alitalia, il piano tragico di Di Maio

Daniele Martini sul Fatto Quotidiano oggi spiega che il prestito ponte deve essere restituito entro il 10 dicembre e per quella data l’Unione Europea lo avrà già bollato come aiuto di Stato mascherato. Sarà quindi già più difficile seguire il piano disperato di Luigi Di Maio, come lo definisce lo stesso quotidiano. Lo Stato dovrebbe quindi costituire una newco dove finiranno gli asset di Alitalia (ovvero gli slot e la flotta aerea) mentre una bad company con tutto quello che non funziona dovrà essere affidata ai commissari per la liquidazione.  Tutto ciò, dice il quotidiano, dovrebbe essere accompagnato dall’elaborazione di un piano per consentire all’azienda di funzionare meglio di quanto abbia funzionato fino a questo momento.Al ministero dello Sviluppo economico è al lavoro un gruppo ristretto. Ne fanno parte la senatrice 5 Stelle Giulia Lupo, Ugo Arrigo, professore di Economia politica all’Università Bicocca di Milano, Claudio Di Cicco, ex dipendente Alitalia e procuratore speciale di Alitalia-Cai da ottobre 2016, e infine Gianni Rossi, ex amministratore delegato di Meridiana.

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I tweet di Arrigo su Alitalia

Arrigo, che su Alitalia ha sempre avuto le idee chiarissime, su Twitter però non sembra eccessivamente ottimista sulla possibilità che un deus ex machina arrivi a salvare la compagnia di bandiera, e se ne intuiscono facilmente i motivi. Senza contare che le cattive scelte dei manager che in questi anni dovevano salvare la compagnia hanno fortemente contribuito a rendere tragica una situazione già disperata.

FS e il fantomatico investitore cinese

Nei mesi scorsi si era favoleggiato di un’entrata (a gamba tesa) del maggiore concorrente di Alitalia sulla tratta Roma-Milano nel capitale della compagnia di bandiera: le Ferrovie dello Stato hanno dato la disponibilità ad investire 150 milioni ma a quanto pare nel frattempo l’ipotesi si è raffreddata e non sembra più essere sul tavolo della trattativa. Dove invece pesa il rinnovo della cigs, che scade sempre il 31: l’azienda chiede una proroga fino al 23 marzo 2019 per un numero (che i sindacati puntano a ridurre) di 1.570 dipendenti.

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I conti di Alitalia (Il Messaggero, 14 agosto 2018)

L’investitore cinese annunciato nei mesi scorsi dai grillini invece sembra nel frattempo essersi dileguato. “Il contratto dei lavoratori di Alitalia è scaduto nel 2016 e tutti gli scatti salariali sono bloccati ed anche su questo ci aspettiamo delle risposte. E’ urgente inoltre una risposta del governo sulla sostenibilità per i prossimi anni del Fondo di Solidarietà del Trasporto Aereo che ha permesso a tutto il sistema aeroportuale di affrontare le crisi delle aziende del settore, compresa Alitalia“, dice la FILT-CGIL,

Leggi sull’argomento: Quanto ci sta costando la crisi dello spread

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