A dieci anni dalla morte del padre, Alessandro Bovolenta esordisce nella Serie A di pallavolo

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2022-02-22

È sceso in campo tra i professionisti indossando la maglia del Ravenna, la stessa squadra con cui esordì il compianto Vigor

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È sceso in campo, per la prima volta tra i professionisti, indossando quella stessa maglia con cui il padre esordì nella sua carriera. Grandissima emozione per Alessandro Bovolenta – e per tutti gli appassionati del mondo della pallavolo – domenica a Milano quando ha esordito nella Superlega (il massimo campionato di volley in Italia) è sceso in campo con Ravenna, la stessa squadra con cui il padre – il compianto Vigor, morto il 24 marzo di dieci anni fa per un infarto in campo – si mostrò agli occhi della pallavolo nazionale e internazionale.

Alessandro Bovolenta, il figlio del compianto Vigor esordisce in Serie A

Un’emozione incontrollabile, per un esordio a sorpresa che riporta quel cognome – Bovolenta – nel tabellino di un match della SuperLega italiana:

“Quando sono entrato mi tremavano le gambe – ha spiegato lo schiacciatore a Volleyballworld.tv, la tv della Lega Volley al termine del match perso contro Milano – è stata una cosa inaspettata, perché è successa da un giorno all’altro causa l’indisponibilità di alcuni giocatori e sono davvero felicissimo e molto emozionato. Speravo proprio di poter fare il mio esordio con la stessa maglia con cui aveva debuttato il mio papà e così è stato e dedico questo esordio ai miei nonni, che sono sempre stati presenti”.

Le orme del padre. Perché l’esordio di Alessandro Bovolenta è stato accompagnato da quella sana e genuina emozione non solo del 17enne e della sua famiglia, ma anche di quella di tutti gli appassionati che non hanno mai dimenticato il compianto Vigor che ha fatto parte della generazione di fenomeni della pallavolo italiana. Alto come il padre, ma con la voglia di non vivere di luce riflessa. Come riportato dal quotidiano La Repubblica, infatti, il giovane ha le idee molto chiare sul passato, sul presente e sul futuro:

“Non ho voluto il suo numero, il 16, siamo due persone diverse, due giocatori diversi”.

Diversi per ruolo (lui schiacciatore, il padre centrale) e perché vivere nella luce riflessa di un uomo che ha fatto la storia della pallavolo italiana non è salutare (e non è neanche giusto) per un giovane che vuole farsi le ossa e imporsi per quello che è. Ricordando sempre quel che c’è stato prima di lui. Quella fonte di ispirazione che lo accompagnerà. Anche con un numero diverso sulla sua maglia.

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