Opinioni

11 settembre, le macerie dell’anima

di Giuseppe Giusva Ricci

Pubblicato il 2017-09-11

Cifra fondamentale del contemporaneo è lo smottamento della fiducia in rassegnazione. La rassegnazione sull’opacità del futuro sociale è madre dell’ognun-per-sé. La predestinazione alla polverizzazione della Fiducia (sia quella interna delle dinamiche interpersonali, sia quella nei confronti delle cose sociali e istituzionali), era già connaturata nei dettagli della vita moderna/industriale/metropolitana, perché dominata da sollecitazioni nervose-percettive provenienti […]

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Cifra fondamentale del contemporaneo è lo smottamento della fiducia in rassegnazione. La rassegnazione sull’opacità del futuro sociale è madre dell’ognun-per-sé. La predestinazione alla polverizzazione della Fiducia (sia quella interna delle dinamiche interpersonali, sia quella nei confronti delle cose sociali e istituzionali), era già connaturata nei dettagli della vita moderna/industriale/metropolitana, perché dominata da sollecitazioni nervose-percettive provenienti dall’intellettualizzazione dei rapporti dominati dal paradigma prestazione-controprestazione.
Già agli inizi del Novecento, Georg Simmel, rilevava che: “I problemi più profondi della vita moderna scaturiscono dalla pretesa dell’individuo di preservare l’indipendenza e la particolarità del suo essere determinato di fronte alle forze preponderanti della società. […] In queste condizioni, si sviluppa la resistenza del soggetto a venir livellato e dissolto all’interno di un meccanismo tecnico-sociale. Il tipo metropolitano, circondato da mille modificazioni individuali, si crea un organo di difesa contro lo sradicamento di cui lo minacciano i flussi e le discrepanze del suo ambiente esteriore: anziché con l’insieme dei sentimenti, reagisce essenzialmente con l’intelletto. Con l’economia monetaria che corrisponde profondamente con il dominio dell’intelletto basato sul calcolo intellettuale, l’individuo non deve temere nessuna distrazione che provenga dall’imponderabilità delle relazioni personali-emotive. Lo spirito moderno è diventato sempre più calcolatore […]. Proprio questa essenza dell’individuo intellettuale e calcolatore, attutisce le sensibilità a discapito delle differenze tra le cose […] tutto appare di un colore uniforme, grigio, opaco […] il suo stato d’animo è il fedele riflesso dell’economia monetaria. Nella misura in cui il denaro pesa tutte le varietà delle cose in modo uniforme ed esprime tutte le differenze qualitative in termini quantitativi […] esso diventa il più terribile livellatore.” *
Dato il caos e l’iper-complessità della modernità, il nostro essere indirizzati e sostenuti da qualcosa in cui credere era e rimane una necessità fondamentale per non eclissarsi nel nulla totale della non-socialità. Così, con la Fine della Fiducia nel mondo e dunque nell’altro-individuo-sociale, ognuno ha razionalizzato e assimilato il comportamento deviante della iperegoismo (già socialmente cristallizzato perché avallata e diffusa dai modelli politici e istituzionali), ma è con il trionfo dell’indignazione generale che anche l’ognuno-per-sé ha trovato glorificazione. Basato e alimentato in circolo vizioso dal suo stesso avvento, l’ognun-per-sé funziona come appiglio soggettivo alla reale mancanza di potere nei confronti del Potere, dei Grandi Poteri, ormai percepiti come intaccabili tiranni.
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Non fosse stato sufficiente il crollo dei valori politici – e dunque etici – che le classi dirigenti della cosiddetta Prima Repubblica hanno smantellato in nome dell’avidità e della corruzione, sono stati altri macroeventi di portata globale a scuotere il sistema valoriale collettivo: il primo fu la caduta del Muro di Berlino nel 1989, il secondo fu il crollo delle Torri Gemelle l’undici settembre 2001: curiosamente entrambi relativi alla distruzione di immobili ultra simbolici.
I due Eventi hanno condotto, lentamente, in modo avvolgente e permanente le coscienze collettive a essere consapevoli dell’ineluttabilità dell’avvento di nuovi mondi svuotati di concezioni in grado di guidare l’umanità intera. Entrambi, per dinamiche diverse, hanno corroso le micro-certezze, hanno corrotto la percezione del futuro.
La caduta del Muro e la relativa sparizione delle ideologie che separavano il mondo – e la cultura politica e popolare italiana – hanno trascinato con sé, verso la sparizione, non solo gli apparati protagonisti della competizione elettorale obbligandoli a cambiare i propri orizzonti ideali e modificando l’intensità con cui le masse erano solite partecipare alla vita socio-politica del paese, ma anche la coscienza politica che milioni di individui singoli portavano in cuore e spirito nel quotidiano sociale. La prima disillusione.
L’11 settembre 2001, invece, si pone come colpo di grazia a quella Fiducia che ormai era riposta solo nella filosofia statunitense e dunque nel dogma liberista (che si presumeva fosse comunque mitigato dal buon senso e sospinto dalla ricerca del bene per l’umanità).
“Non direttamente l’attacco terroristico [?], ma la reazione che questo ha determinato nel grande impianto di valori occidentali, ha sancito l’abbandono definitivo degli ultimi residui di speranza per un pianeta migliore. Alla violenza s’è risposto – a nome dell’occidente e dunque di tutti noi- con l’ultraviolenza mascherata da lotta per la Libertà, spudoratamente gestita da interessi finanziari/industriali/energetici. Nonostante nel mondo sventolassero milioni di bandiere arcobaleno, mosse dal vento della speranza in un compromesso mondiale, gli USA (ormai bandiera filosofica globale) hanno dato inizio a quella che oggi conosciamo come strategia della guerra permanente indirizzata, a forza, a tutta l’area mediorientale; mostrandoci quanto il grande valore della pace fosse del tutto ininfluente se paragonato agli interessi economici della nostra porzione di mondo.”**
E’ così che una volta per tutte i popoli sono stati costretti a comprendere la propria irrilevanza nelle scelte dei vertici politici gestiti dai Dominanti economici. E’ così che il mondo ha preso la piega che oggi si distingue nella rassegnazione d’ognuno alla mancanza di un progetto umano comune basato su valori che non siano quelli economici. Nel corso di questa disfatta della pace mondiale, più o meno consciamente, l’individuo ha dovuto rielaborare la propria Visione del Mondo, ormai degradata dalla mancanza di nobili speranze. I fatti susseguitisi dall’11 settembre 2001 hanno assuefatto il pubblico alla tragedia continua, alla distruzione e alla morte, e questo proprio all’apice epocale che poneva l’occidente al riparo dalla guerra e dalle sue conseguenze.
“È anche per questi accadimenti che la malattia già insita nello spirito occidentale si è aggravata, che all’individuo si è palesata l’infinita debolezza del sistema di valori che lo guidavano; dunque ha iniziato a ignorarlo, lasciando spazio all’irresponsabilità, al nichilismo e a quell’iperindividualismo che porta alla negazione della socialità.”** Quelle dell’11 settembre sono le macerie sulle quali danziamo iper-egoisti, sempre meno in grado di discernere tra valori umani e bassezze edonistiche, sempre più inchinati all’ultimo dio della distruzione che è il denaro utile a ottenere distrazioni dal non farci pensare -e penare – per la nefasta condizione comune. Quei crolli, quelle macerie che fin troppe volte abbiamo assimilato tramite gli occhi e digerito tramite lo coscienza, sono oggi anche lo specchio delle nostre anime.
*La metropoli e la vita dello spirito. Georg Simmel, 1995
**Nemici Politici_PubbliciNemici. Giuseppe Giusva Ricci, 2017

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