TFS: così il governo sta fregando gli statali sulle liquidazioni

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2019-06-08

L’accordo quadro tra ministeri – Economia, Lavoro, Pubblica amministrazione – e l’Abi – l’associazione delle banche – non c’è. Doveva arrivare entro il 30 maggio, a 60 giorni dall’entrata in vigore della legge 26. E invece niente

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224 mila dipendenti pubblici che potrebbero andare in pensione quest’anno con quota 100, ma per loro, nonostante le promesse del governo, c’è ancora il problema delle liquidazioni del TFS. L’esecutivo a gennaio aveva promesso di farsi carico della vicenda escogitando un meccanismo di anticipo da concordare con le banche sul quale i lavoratori avrebbero dovuto comunque pagare gli interessi.

Nella legge 26 istitutiva del reddito di cittadinanza e quota 100 c’è una norma (articoli 23 e 24) che consente al dipendente pubblico di richiedere un prestito bancario fino a 45 mila euro per incassare subito la liquidazione – il Tfs, trattamento di fine servizio – senza aspettare fino a due anni, come accade oggi a differenza del Tfr erogato subito ai privati. Il prestito, garantito dallo Stato, ha un tasso di favore (l’ipotesi è del 2,45%). E viene ripagato con lo stesso Tfs, nel momento in cui si rende disponibile. Il governo ha pure previsto uno sgravio fiscale, crescente all’aumentare degli anni di attesa per il Tfs, dall’1,5 al 7,5%. Le minori tasse sulla liquidazione servono a compensare il costo degli interessi.

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Ma, spiega oggi Repubblica, qualcuno ha dimenticato qualcosa:

L’accordo quadro tra ministeri – Economia, Lavoro, Pubblica amministrazione – e l’Abi – l’associazione delle banche – non c’è. Doveva arrivare entro il 30 maggio, a 60 giorni dall’entrata in vigore della legge 26. E invece niente. Non vi è traccia neppure del dpcm – decreto del presidente del Consiglio – con le modalità di attuazione del prestito. Né della convenzione tra Inps e ministeri per la gestione del fondo statale di garanzia, dotazione iniziale di 75 milioni.

Senza i tre provvedimenti, i dipendenti pubblici che andranno in pensione dal primo agosto in poi grazie a quota 100 – ancor più numerosi gli insegnanti dal primo settembre – resteranno all’asciutto. Eppure molti tra loro hanno deciso di anticipare l’uscita, sfruttando la nuova finestra con almeno 62 anni e 38 di contributi, proprio sulla base di quella promessa: avere subito almeno 45 mila euro (la liquidazione è in media più alta).

Tra l’altro, per un “quotista” l’attesa del Tfs può essere insopportabile: fino a 7 anni, se si sommano ai 2 anni canonici i 5 massimi di distanza tra i 62 anni e i 67 anni del requisito Fornero.

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