TAV, lo stop alle gare e il rischio di danno erariale

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2019-03-07

Un parere dell’Avvocatura dello Stato mette spalle al muro il governo: se si bloccano le gare qualcuno dovrà pagare

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C’è un parere dell’Avvocatura di Stato che pesa nella storia infinita della TAV sulla quale il governo Conte si gioca la testa. E quel parere è molto chiaro nel dire che la mancata pubblicazione dei bandi di gara di Telt (2,3 miliardi) entro la scadenza prevista di marzo prefigura il rischio di perdita dei fondi europei e quindi di danno erariale a carico dei responsabili della mancata pubblicazione (ovvero: Danilo Toninelli).

In un futuro distopico quindi l’assicuratore Toninelli si troverebbe a tirar fuori la polizza assicurativa contro gli infortuni di governo che ha firmato il giorno prima di essere nominato ministro per pagare il conto del danno alle imprese, così vissero tutti felici e contenti. Nella realtà, la situazione attuale prevede molta prudenza nel prendere decisioni che potrebbero ritorcersi contro l’esecutivo. Racconta oggi Il Sole 24 Ore:

Il parere, esposto direttamente dell’Avvocato generale dello Stato alla riunione di governo, è arrivato solo ieri sera ed è rimasto riservato ma Il Sole 24 Ore è in grado di ricostruirne i contenuti principali. Sul primo quesito la risposta è affermativa: impedire la pubblicazione dei bandi di gara o ritardarla ulteriormente implica un grave rischio di perdere i primi 300 milioni degli 800 milioni fondi Cef stanziati dall’Europa (come ha ribadito anche la lettera arrivata ieri da Bruxelles a Roma) e conseguentemente configura una ipotesi di danno erariale per il mancato rispetto delle intese. Un rischio che graverebbe sui consiglieri italiani di Telt in prima battuta ma anche su figure ministeriali.

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All’Avvocatura è stato anche chiesto un parere sulla possibilità di bloccare i bandi dopo la pubblicazione: in questo caso la risposta è stata più complessa, visto che i togati dicono che l’interesse pubblico consente la sospensione della procedura ma la subordina a una “sopravvenienza”. Pare pacifico che in ogni caso debba esserci un atto che permette lo stop ai bandi senza pericoli, e questo atto non può che essere del Parlamento o del governo. Ma se si vota in Parlamento i voti per bloccare la TAV non ci sono, se ci provano con Conte cade il governo. Un bel dilemma del prigioniero elettorale, no?

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