Gli Spada e il reddito di cittadinanza, i parenti sono in fila

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2019-03-08

Tra i tre nuclei familiari che hanno presentato domanda risulta in particolare una donna che ha riferito di avere i parenti in carcere ma una figlia disabile da mantenere

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Il Messaggero torna oggi sulla vicenda dei membri della famiglia Spada che chiedono il reddito di cittadinanza, raccontando come sono andate alcune delle richieste presentate l’altroieri a Ostia:

«Ho mio marito e i miei fratelli in carcere e una bambina disabile e voglio anche io il reddito di cittadinanza». Questa la richiesta è arrivata, nel primo giorno utile per consegnare le domande per ottenere il sussidio di Stato, da una donna del clan Spada, la famiglia che in primo grado ha ottenuto una condanna per associazione mafiosa e che proprio sul mare di Roma detta legge attraverso una rete di controllo del territorio che passa da attività criminali come racket, usura e occupazioni abusive.

E così anche i parenti dell’ormai noto clan di Ostia si sono messi in fila. Tra i tre nuclei familiari che hanno presentato domanda risulta in particolare una donna che ha riferito di avere i parenti in carcere ma una figlia disabile da mantenere. Impossibile però chiudere la cartella per gli addetti del Caf di Ostia. Il problema, secondo gli impiegati, sarebbe l’accesso ai conti correnti, pure dei congiunti che, essendo in prigione, è più difficile ottenere. E su questo la normativa non appare stringente.

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E mentre il Mattino racconta che anche i clan del Napoletano si stanno mettendo in moto per la richiesta,

«Famiglie Spada? Si, ne abbiamo seguite per il modello Isee, ma non siamo riusciti a finirlo perché la signora aveva il marito in carcere, gli altri due fratelli in carcere…», fanno sapere da uno degli sportelli. Nullatenenti in teoria, ma solo sulla carta, visto che il clan gestisce a Ostia un racket lucroso proprio tra le fatiscenti abitazioni comunali del lido di Roma. Le condanne sono già arrivate su questo fronte per il clan Spada, con l’aggravante del metodo mafioso, tra accuse di minacce, violenze, sfratti forzosi da alloggi.

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