Recovery Fund: come funziona il piano “Repair and Prepare for the Next Generation EU”

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2020-05-28

Il Recovery Instrument, battezzato Next Generation Eu, sarà finanziato attraverso emissioni di bond da parte della Commissione e prevede 500 miliardi di aiuti a fondo perduto. La quota di fondi per l’Italia ammonta a 172,7 miliardi, di cui 81,8 di trasferimenti (a fronte di un contributo di circa 60 miliardi se non sarà raggiunta un’intesa sulle risorse proprie) e 90,9 di prestiti

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Non si chiamerà Recovery Fund o Recovery plan ma “Repair and Prepare for the Next Generation EU” e sarà un piano da 750 miliardi temporaneo (dura fino al 2022) agganciato al bilancio Ue 2021- 2027 da 1.100 miliardi, che dovrà rendere l’Ue più verde, digitale e resiliente. Il Recovery Instrument, battezzato Next Generation Eu, sarà finanziato attraverso emissioni di bond da parte della Commissione e prevede 500 miliardi di aiuti a fondo perduto (vincolati però a riforme e investimenti concordati con Bruxelles ma non a criteri di deficit, debito e PIL come il MES) per i Paesi e i settori più colpiti dalla crisi e 250 miliardi di prestiti a lungo termine.

Recovery Fund: come funziona il piano “Repair and Prepare for the Next Generation EU”

Come abbiamo spiegato, la quota di fondi per l’Italia ammonta a 172,7 miliardi, di cui 81,8 di trasferimenti (a fronte di un contributo di circa 60 miliardi se non sarà raggiunta un’intesa sulle risorse proprie) e 90,9 di prestiti. Il nostro Paese sarà il maggiore beneficiario, seguito dalla Spagna con un totale di 140,4 miliardi (77,3 miliardi aiuti e 63,1 miliardi prestiti). Francia e Germania avranno solo sovvenzioni pari a 38 miliardi e 28,8 miliardi. Il Recovery and Resilience Facility distribuirà ai governi 560 miliardi tra sussidi e prestiti legati a Piani nazionali per la ripresa con priorità verde, digitale, turismo, trasporti, cultura. Il Solvency Support Instrument sarà invece il programma di sostegno alle imprese dei Paesi più indebitati con un bilancio totale di 31 miliardi che, grazie agli investimenti dalla Bei, muoverà 300 miliardi.

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Recovery fund Next generation eu: la proposta della Commissione Europea (Corriere della Sera, 28 maggio 2020)

La Commissione emetterà bond per 750 miliardi. I soldi saranno rimborsati agli investitori dal 2028 al 2058. I 250 miliardi di prestiti (a basso costo) dovranno essere restituiti dai governi. I 500 miliardi di sussidi saranno ripagati dalla Commissione con le nuove risorse dell’Unione: Web Tax per i giganti della Rete, Plastic Tax, balzelli per chi importa prodotti inquinanti nella Ue e nuovo sistema di certificati CO2 (Ets). Il 18 giugno i paesi europei si riuniranno per l’approvazione del piano (riunendosi di persona, vista la complessità del dossier) ed è già programmato un altro vertice del Consiglio Europeo a luglio in caso di mancato accordo. La prima data utile è settembre: potranno essere avviati i primi fondi con le emissioni di bond che saranno al massimo 11,5 miliardi. Dal 2021 devono partire i programmi per 750 miliardi. Da gennaio la Commissione andrà sui mercati usando a garanzia il bilancio Ue 2021-2027. C’è un “bridge” per far partire già a settembre parte dell’operazione. Viste le difficoltà a usare garanzie ponte fornite dai governi, Bruxelles dovrà però avvalersi di quanto resta nel budget Ue 2014-2019 e potrà distribuire appena 11,5 miliardi.

Come si accede alla Recovery and Resilience Facility

Spiega oggi Repubblica che i fondi passeranno attraverso più programmi Ue centrati su Green deal, digitale, ricerca, sanità e settori più in crisi. La Recovery and Resilience Facility sarà il principale canale di erogazione con 560 miliardi. Per accedervi i governi scriveranno un Piano per la ripresa (che Bruxelles dovrà approvare) puntando ai settori sopra menzionati e considerando le raccomandazioni Ue (per l’Italia sanità e ammodernamento di giustizia e Pa). Il Solvency Support Instrument mobiliterà 300 miliardi di investimenti per le imprese dei Paesi più indebitati in modo da neutralizzare il maggior uso di aiuti di Stato delle nazioni dai bilanci virtuosi (Germania). InvestEu muoverà 150 miliardi per salvare le aziende strategiche (anche da scalate extra-Ue). Il piano deve essere approvato dal Consiglio:

Sarà la prima volta da inizio pandemia. Di sicuro a luglio servirà almeno un secondo summit. Lo fanno capire i falchi, i governi dei quattro “frugali” – Austria, Danimarca, Olanda e Svezia – contrari a sussidi a fondo perduto. «È difficile pensare che questa proposta potrà essere il risultato finale dei negoziati», tuona il governo olandese di Mark Rutte. «Il pacchetto di von der Leyen è solo un punto di inizio», aggiunge il Cancelliere austriaco Sebastian Kurz. Frena anche il blocco Visegrad, ma la sua opposizione è ritenuta meno pericolosa: si conta di conquistarne i leader facendo confluire qualche miliardo anche ai loro paesi, benché meno colpiti dalla crisi.

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Come funziona “Repair and Prepare for the Next Generation EU”

Trovare l’unanimità non sarà facile, ecco perché il fronte della solidarietà si stringe intorno a von der Leyen, capace di tenere alta l’asticella della proposta di partenza per attutire eventuali compromessi al ribasso. «Indietro non si torna, oggi è come se fosse il D-Day europeo del Ventunesimo secolo perché l’Europa ha scoperto la solidarietà», ammonisce però David Sassoli. D’altra parte il Parlamento europeo dovrà votare l’accordo finale tra governi.

Il Corriere della Sera pubblica oggi un’intervista a Daniel Cohn-Bendit, ex eurodeputato verde, leader del 68 e consigliere ufficioso di Macron, cittadino francese e tedesco ma soprattutto europeo, in cui finalmente si fa chiarezza sul ruolo dei paesi del “NO” all’interno dell’Unione Europea e, soprattutto, li si invita a uscire dall’UE e si applaude il cambio di passo della Germania:

Nella questione del debito la cancelliera Merkel ha spostato il peso della Germania da punto di riferimento dei «frugali» del Nord a alleata di Francia, Italia e Spagna. È sorpreso da questo cambiamento?
«Non più di tanto, perché Angela Merkel funziona così, per folgorazioni improvvise. Ha sempre difeso il nucleare in Germania, salvo poi cambiare idea di colpo dopo Fukushima. Era rigida sull’immigrazione, poi si è detta che come prima cancelliera venuta dall’Est non poteva mettere il filo spinato, e ha aperto le frontiere. Adesso ha capito che la Germania non può restare in un angolo a guardare. E quindi ha accettato il principio, sempre rifiutato prima, di una messa in comune del debito».

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Recovery fund: la ripartizione tra paesi (Corriere della Sera, 28 maggio 2020)

Che succederà se la proposta della Commissione non otterrà l’approvazione all’unanimità?
«Allora bisognerà avere il coraggio politico di dire che il troppo è troppo. Siamo stati per anni ostaggio della Gran Bretagna, dopo la Brexit non possiamo rimanere appesi ai no dei Paesi Bassi o dell’Austria. Se preferiscono uscire dall’Europa, se ne prendano le responsabilità».

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