Quanto costa davvero il reddito di cittadinanza

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2017-02-21

Il reddito di cittadinanza fa gola a molti politici che ne parlano per solleticare le fantasie dell’elettorato. Ma fino ad ora nessuno ha parlato di come finanziarlo e di quanto potrebbe costare. Facciamo un po’ di conti

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Quando è tempo di campagna elettorale tutti i partiti fanno a gara a non rimanere indietro per quanto riguarda le promesse elettorali. A quanto pare, anche se non si sa ancora quando si andrà a votare il Partito Democratico starebbe elaborando una proposta (affidandola all’ex sottosegretario Tommaso Nannicini) alternativa a quella del reddito di cittadinanza che da sempre è tra i punti centrali della proposta politica del MoVimento 5 Stelle. Ma cos’è il reddito universale? È davvero una buona idea? E quanto potrebbe costare?

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Fonte: Il Messaggero del 21/02/2017

La proposta francese di Benoit Hamon

L’idea non è solo italiana, in Francia il candidato del Partito Socialista Benoit Hamon ha raccolto la maggior parte dei suoi consensi proprio grazie alla proposta di istituire un reddito di cittadinanza universale. Hamon ha proposto di arrivare, entro il 2022, alla creazione di una forma di reddito di cittadinanza estesa a tutti i cittadini francesi adulti che dovrebbe ammontare, quando la misura sarà a regime, a 750€ al mese. Ci sono delle fasi intermedie per raggiungere la meta del reddito universale: la prima è l’aumento del reddito minimo per i cittadini poveri che dovrebbe aumentare fino a 600€ al mese, in seconda battuta Hamon propone che il reddito minimo venga erogato a tutti i cittadini tra i 18 e i 25 anni e successivamente a tutti i cittadini francesi dal più povero al più ricco, finanziandolo a quanto pare (ma su questo Hamon è volutamente vago) con un aggravio del prelievo fiscale nei confronti dei più ricchi e con una tassa sul lavoro dei robot. Secondo calcolo realizzato dal think tank Institut Montaigne ripreso oggi da Les Echos il costo della misura proposta da Hamon è di 349 miliardi di euro. Un conto decisamente salto per le tasche dei cittadini francesi. Anche un altro candidato, il centrista Emmanuel Macron ha proposto di modificare la Revenu de solidarité active (RSA) raddoppiandone l’importo (attualmente è in media di 470 euro), una misura meno costosa di quella proposta da Hamon ma che ammonta a circa 10-12 miliardi di euro, una cifra che aumenterebbe dello 0,5 il debito pubblico e che vale 0,7 punti di TVA (l’IVA francese). La differenza con il reddito universale proposto dal socialista è che la platea dei beneficiari della RSA è ristretta ad una porzione minore della popolazione.
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Sedici miliardi per il reddito di cittadinanza a 5 Stelle

Non c’è dubbio che presso un certo tipo di elettorato sostenere la battaglia del reddito di cittadinanza paghi dal punto di vista dei consensi. La proposta di legge avanzata dai Cinque Stelle nel 2014 (che è l’unica concreta fin’ora nel nostro paese sul reddito di cittadinanza) fissava a 780 euro mensili (9.360 annui) il limite al di sotto del quale sarebbe stato erogato il reddito di cittadinanza che è rivolto a tutti i soggetti che hanno compiuto il diciottesimo anno di età, risiedono nel territorio nazionale e che siano cittadini italiani o comunitari. Secondo quanto scrive Oscar Giannino oggi sul Messaggero una misura del genere, che prevede l’erogazione di un assegno mensile fino a 800 euro al mese, potrebbe costare 16,6 miliardi di euro calcolando che i beneficiari non sono i cittadini al di sotto della soglia di povertà assoluta (sono 4,6 milioni gli italiani che prendono meno di 636 euro al mese) ma tutti quelli che non hanno un reddito abbastanza dignitoso (7,6 milioni di italiani). La proposta pentastellata però non è un reddito universale come quello di Hamon ma è condizionata al fatto che il beneficiario fornisca immediata disponibilità al lavoro presso i centri per l’impiego territorialmente competenti. Insomma chi dovesse percepire il reddito di cittadinanza dovrà rendersi disponibile ad un inserimento nel mondo del lavoro (nel caso ovviamente sia disoccupato). Qualcosa di simile dal Sostegno all’inclusione attiva (SIA) promosso dal Governo Renzi che però ha cifre ben più modeste. Il Ministro Poletti infatti a settembre ha varato quello che è stato chiamato “piano anti povertà”, un progetto per il quale il governo ha stanziato 750 milioni di euro che saranno destinati  a quei quasi 220 mila nuclei familiari con un Isee al di sotto dei tremila euro l’anno. Secondo le stime del Governo grazie al Sostegno all’inclusione attiva il contributo medio del Sia dovrebbe essere intorno ai 320 euro mensili. Anche in questo caso il progetto non costituisce una forma di elemosina ma quello che il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali definisce un patto tra servizi e famiglie “che implica una reciproca assunzione di responsabilità e di impegni. Le attività possono riguardare i contatti con i servizi, la ricerca attiva di lavoro, l’adesione a progetti di formazione, la frequenza e l’impegno scolastico, la prevenzione e la tutela della salute. L’obiettivo è aiutare le famiglie a superare la condizione di povertà e riconquistare gradualmente l’autonomia“. L’obiettivo perseguito dal Governo è innanzitutto far uscire dalla povertà i più piccoli, ad oggi sono circa un milione i minorenni in condizioni di indigenza assoluta. Il Sia metterà a disposizione un salvagente per circa la metà di loro. Per coprire tutta la platea servono più risorse e quest’anno per il 2017 ha previsto di stanziare 1,5 miliardi di euro quando sarà attivo il reddito d’Inclusione previsto nel ddl Povertà. Nella proposta a Cinque Stelle però mancano le indicazioni precise sul reperimento dei fondi necessari a coprire l’introduzione del reddito di cittadinanza, anche se l’indicazione sulla necessità di arrivare ad una “semplificazione del sistema di assistenza sociale al fine di renderlo al contempo più certo ed essenziale” lascia intendere che forse una parte del reddito potrebbe essere compensata da tagli. Anche Forza Italia ha parlato di Reddito minimo garantito e di reddito di cittadinanza; Daniela Santanchè su Facebook una decina di giorni fa proponeva queste “misure concrete” ma concretamente non si sa in che modo FI vorrebbe realizzarle e finanziarle.
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Il reddito di cittadinanza in Finlandia

La Finlandia ha da poco avviato un progetto sperimentale destinato a duemila disoccupati che riceveranno un sussidio mensile pari a 500 euro al mese ma l’idea è quella di arrivare ad un reddito universale intorno agli 800 euro al mese per tutti i finlandesi. Come riporta Finland Politics infatti questa fase di sperimentazione sarà sì estesa a tutta la Nazione ma a parteciparvi saranno solo alcuni cittadini, estratti a sorte con una specie di lotteria. Gli esperti della KELA hanno tempo fino a marzo 2016 per presentare le loro osservazioni al Parlamento Finlandese che dovrà approvare l’inizio della sperimentazione entro novembre in modo da far partire la fase di test del basic income ai primi di gennaio 2017. Viste queste premesse cosa comporta realmente il reddito minimo finlandese? In poche parole non la fine della povertà ma una trasformazione delle misure di protezione sociale. Secondo il direttore del dipartimento della KELA che sta studiando il caso, Olli Kangas, ogni cittadino finlandese riceverà un assegno mensile di 800 euro esentasse. Non è chiaro se la formula “ogni cittadino” comprenda anche i bambini (non sembra). Come è possibile farlo senza aumentare le tasse? Secondo la direttrice della KELA Liisa Hyssälä l’introduzione del basic income farà, al contrario, diminuire la spesa sociale, il che sembra effettivamente un controsenso, secondo Bloomberg che ha fatto i conti in tasca ai finnici uno stipendio di 800 euro mensili per ogni cittadino (si tratta di 5.4 milioni di persone) significa una spesa annua di 52,2 miliardi di euro all’anno. A fronte di introiti previsti per il 2016 pari a 49.1 miliardi. Il che ci mostra come il percorso per raggiungere il reddito di cittadinanza universale non sia tutto in discesa.
 
Foto copertina via Wikipedia.org

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