Quanto ci costa lo spread che sale

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2018-10-09

Il calo dei BtP e la crescita dei rendimenti che mette in difficoltà le banche, pronte a rivalersi sui prestiti alle imprese

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Diecimila euro di Btp acquistati a maggio ora ne valgono 8500. E i rendimenti più elevati da offrire mettono in difficoltà soprattutto le piccole imprese, che paventano il rischio di un rinvio degli investimenti alla faccia di Paolo Savona e del piano Politeia. Il Corriere della Sera oggi riepiloga i costi dello spread che sale dopo che ieri il differenziale tra BtP e Bund è arrivato a superare la soglia dei 300 punti e a puntare quella dei 400.

A inizio maggio il Btp con scadenza 2028 quotava circa 140, un valore largamente superiore al valore di rimborso (alla pari) cresciuto nel tempo grazie al calo dei rendimenti. Ma nel momento in cui lo spread fra Btp e Bund ha cominciato ad aumentare (da 130 punti di inizio marzo agli oltre 300 attuali) i rendimenti del Btp sono cresciuti vorticosamente, passando dal 2% di maggio al 3,6% di ieri.

Poiché le quotazioni di un titolo già emesso (a un tasso fisso, poniamo, dell’1,5%) sono inversamente proporzionali al rendimento di mercato corrente (che sale o scende ogni giorno) ecco che i prezzi di mercato dei Btp a dieci anni hanno cominciato a precipitare via via che il rendimento cresceva.

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I prezzi e i rendimenti dei BtP a dieci anni (Corriere della Sera, 9 ottobre 2018)

Si calcola che per ogni punto percentuale di aumento dei rendimenti, i Btp a dieci anni perdano il 7% del loro valore. Ieri, a fronte id un rendimento molto alto che sfiora il 3,6% (il Bund a 10 anni offre appena lo 0,53%) le quotazioni dei Btp a 10 anni hanno toccato un minimo di 119. Il calo, rispetto al valore di 140 di inizio maggio è pari al 15%. In pratica diecimila euro investiti in Btp appena 4 mesi fa sono diventati 8.500 ai prezzi di mercato attuali. La perdita potenziale è di 1500 euro. E non la subisce chi mantiene in portafoglio i titoli fino alla scadenza.

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I prestiti e gli interessi (Corriere della Sera, 9 ottobre 2018)

Poi c’è la questione dei prestiti alle imprese. Il polso della situazione lo si legge nell’allargamento di 50 punti base (cioè lo 0,50%, sopra il tasso di riferimento) dei rendimenti sul mercato secondario delle obbligazioni già in circolazione. In pratica, gli investitori prezzano l’incertezza politica. E non solo:

Ma il cuore del problema sono le medie imprese, soprattutto quelle meno internazionali, per cui resta aperto solo il tradizionale canale bancario. Che fino ad ora non ha trasferito il maggior costo della provvista sui prestiti alle aziende. Ma si arriverà a un punto di svolta, perché il costo al quale le banche si finanziano subisce l’effetto trascinamento dello spread. Un esempio? Rispetto a inizio anno una grande banca italiana pagherebbe circa il 3% di interessi, cioè tra 170 e 180 punti base in più. Che a un certo punto si rifletteranno in parte sui tassi applicati alle imprese per ottenere denaro.

Leggi sull’argomento: Cosa c’entrano mutui e prestiti con lo spread

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