Attualità
Patrizio Cinque, i giudici cattivi e il vigile Mimmo: ecco a voi la trasparenza a 5 Stelle in salsa siciliana
di Alessandro D'Amato
Pubblicato il 2017-09-22
Il sindaco di Bagheria all’attacco dei giudici mentre arriva l’intercettazione in cui parla con la sorella della casa abusiva del cognato e dell’arrivo dell’indagine. La storia del dirigente a processo per concussione rimasto al suo posto
Ieri abbiamo scoperto dalle intercettazioni di Patrizio Cinque che anche nel MoVimento 5 Stelle la famiglia viene sempre prima di tutto. Il modello Bagheria, che si transustanzia nelle telefonate fatte dal primo cittadino per avvertire i parenti di una indagine amministrativa a loro carico, è l’ideale per portare in trionfo il Gattopardo Cancelleri che già da par suo la settimana scorsa aveva dimostrato di fregarsene dei giudici e delle leggi inventando scuse per non rispettare le ordinanze dei tribunali.
Patrizio Cinque tiene famiglia a Bagheria
E mentre scopriamo che il divertente dietrofront sulla giustizia ad orologeria di un paio di giorni fa era una finta e che per Cinque il problema sono i pubblici ministeri che passano le carte ai giornalisti (?) e non quello che c’è scritto nelle carte, l’edizione palermitana di Repubblica oggi riporta una serie di telefonate intervenute tra la sorella di Cinque e il sindaco quando, il 2 maggio dell’anno scorso, sono arrivati i vigili a casa del cognato. Ammirate la trasparenza:
La sorella non si rassegnava. E chiamava il fratello sindaco: «Puoi venire? Qua, a casa mia». E lui diceva, con tono piccato: «Ah, chi è venuto? Ti ha detto questo? Che ti devo raggiungere?». Risposta della sorella: «Sì, sì, sì». E lui: «Eh, devono aspettare… ho un’inaugurazione della sede della Croce Rossa qua a Bagheria, se possono aspettare». È la parola chiave di questa storia: aspettare, ovvero rinviare. Si sente in sottofondo la sorella che dice ai vigili: «Ha una inaugurazione, se potete aspettare». E i poliziotti chiedono: «Quanto?».
Quei vigili nella casa abusiva della sorella del sindaco stanno però diventando una presenza ingombrante. E allora il sindaco taglia corto: «Non me li puoi passare al telefono?». Persino la sorella capisce che si tratta di una cosa un po’ anomala. Ed è lei stessa che dice: «Non lo so». Si rivolge ai vigili: «Ditemi voi…». Il sindaco si indispettisce: «Certo passameli». La sorella, timidamente: «Aspetta». Il sindaco, con tono ancora più deciso: «Pronto». E poco dopo, all’improvviso, il tono si fa amichevole: «Ehi Mimmo». Nella squadra c’era il fidato ispettore capo della polizia municipale, Mimmo Chiappone, quello che aveva soffiato al sindaco l’indagine sulla casa (e per questo è stato sospeso per quattro mesi dal servizio).
L’ispettore Chiappone è il vigile buono, anche lui cerca di prendere tempo mentre altri colleghi spingono per chiudere la pratica. Quel giorno, riporta sempre Repubblica, dice al telefono all’amico sindaco: «Siccome ci sono un sacco di documenti che sono positivi… siccome il proprietario è un pochettino nel pallone, non ci sa dare determinate indicazioni… volevamo un po’ capire… magari». Capire cosa? Il sindaco prova a dettare la linea, per tutti gli altri vigili: «Loro avevano provato a fare una istanza di condono. Io ti direi, prendi quello che ti serve… e poi con Carlo vai a verificare». L’ispettore vorrebbe fare qualcosa di più per l’amico sindaco: «Appena finisci poi magari…». Il sindaco capisce al volo: «Vengo». L’ispettore sembra sollevato: «Ci sentiamo, ecco, ci sentiamo». E poco dopo un’altra telefonata. Il sindaco corse al comando dei vigili, per sistemare quella pratica.
Il dirigente a processo per concussione
Ma c’è anche un altro lato della vicenda che ha portato alla formulazione delle accuse nei confronti del sindaco di Bagheria. Quella che riguarda il geometra Onofrio Lisuzzo detto Rino, che ha ricevuto la sanzione del divieto di dimora a Bagheria a differenza degli altri impiegati comunali nei guai, ai quali il giudice ha imposto, come a Cinque, solo l’obbligo di firma. L’inchiesta di Termini dice che l’uomo ombra del sindaco è stato il regista di una gara “fantasma”, quella per il noleggio di automezzi da destinare alla raccolta dei rifiuti:
«Il verbale della gara apparentemente svoltasi l’11 aprile 2016 è stato in realtà formato ex post, a tavolino — scrive il gip — senza che mai le persone sottoscrittrici abbiano partecipato alla riunione della commissione di gara». Emblematica una conversazione intercettata il 28 aprile, ovvero 27 giorni dopo la data della presunta seduta, in cui Lisuzzo detta al telefono alla collega Antonina Di Leonardo i nomi dei funzionari da inserire nel verbale di gara: «Romolo Maggio non lo mettiamo come testimone, fammi questa cortesia, i testimoni sono Angela Battaglia e Tiziana Marino. E il verbalizzante è Angela Rizzo, va bene?».
«Ma Angela mi ha detto che quel giorno non c’era», eccepisce Di Leonardo. Segue uno scatto d’ira di Lisuzzo. La vicenda si chiude con la nomina a verbalizzante (anche questa fittizia, secondo il giudice) di un’altra funzionaria, Maria Luisa Aiello. «Ma che devo mettere, che la gara si è svolta da me o da te?», chiede ancora Di Leonardo, in un crescendo grottesco. Questa gara farsa si è conclusa con l’affidamento del contratto alle imprese Tes ed Eco Trucks. Tutti i protagonisti sono indagati.
Lisuzzo è stato nominato dal sindaco capo dei Lavori pubblici. La carica è stata mantenuta anche dopo un rinvio a giudizio per concussione.
L’onesto Patrizio Cinque e la multa al cognato troppo alta
Infine, inutile ricordare l’intercettazione in cui Patrizio Cinque telefonava al vigile dicendogli di andare la settimana successiva a fare i famosi controlli che la procura di Termini Imerese gli aveva ordinato. In altre telefonate di Cinque con gli assessori Fabio Atanasio e Maria Laura Maggiore il sindaco spiegava come erano andate le cose:
“Comunque è arrivata… ti ricordi l’altra volta nella stanza che ti dicevo di un’autodenuncia che avevo in mente… abusivi immobili abusivi”. Atanasio: “Si è autodenunciato?”. Cinque: “Ne parliamo dopo dai”. Alla Maggiore Cinque spiegava che “sono stato contattato dai vigili… ti ricordi la discussione che facemmo… sull’autodenuncia che volevo fare fare a mio cognato è arrivata l’autodenuncia… è firmata mio cognato ma non è… non l’ha fatta lui… ma non mi preoccupa tanto la denuncia o il discorso di fare emergere questa discussione dell’immobile mi preoccupa la modalità cioè l’autodenuncia perché io mi aspettavo che denunciassero anonimamente dicendo che c’è questa situazione andateci, ma non che si inventassero un’autodenuncia, che io volevo fare fare a mio cognato, cioè una cosa incredibile”.
Non solo. L‘onesto Patrizio Cinque dopo questionava anche sull’entità della multa da fare al cognato, cercando di ottenere uno sconto per il marito della sorella:
“… però chiaramente si aprirà tutta una situazione, una situazione dove io volevo dirti una cosa noi stiamo facendo la sanzione cioè si può fare da duemila a ventimila euro, Aiello sta facendo a ventimila euro, è una cifra troppo grande non capisco perché… una cosa è pagare duemila euro o una cifra mediana, diecimila, cinquemila, e sono soldi che vanno per le demolizioni per carità, una cosa è ventimila euro che sono cioè una cifra enorme per tutti…”.
E diceva di fare una multa alta ad altri suoi concittadini, quelli che hanno la casa vicino al mare, e bassa al cognato: «“Quindi vediamo di fare questa, di abbassare questa sanzione, di farla bassa magari puoi mettere quelli a 150 metri dal mare gliene dai 20 mila quello è doveroso… perché comunque sai che se la possono passare bene”. Maggiore sembrava recepire: “Vediamo com’è che hanno fatto se ci sono situazione analoghe oppure… ci sono criteri così come dicevi tu e magari li applichiamo”. “Ed in caso – concludeva Cinque – diamo un atto di indirizzo”».
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