Nature, l'epidemia di Xylella e le accuse agli «untori»

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2015-06-03

Per la serie: come ci vedono all’estero un pezzo di Nature racconta la bizzarra storia degli scienziati che studiano la Xylella e vengono accusati di essere la causa dell’epidemia. Non dimenticate di portare le fiaccole per bruciare le streghe

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Che gli italiani abbiano un rapporto complicato con la scienza non è una novità: è un dato di fatto certificato da episodi come quello della polemica sugli OGM, il movimento anti-vaccini oppure il caso Stamina. E non è nemmeno una notizia che laggente non veda di buon occhio gli scienziati e il loro lavoro: si ha paura di quello che non si capisce o non si vuole capire. Ad esempio sull’epidemia di Xylella abbiamo avuto tutto il repertorio della caccia alle streghe medioevale: le accuse agli studiosi di essere untori, le denunzie del complotto globale ordito dalle solite multinazionali (con tanto di disvelamento del “vero” significato di nomi al contrario di alcune corporation). Lunedì Nature ha pubblicato un pezzo che racconta la storia dell’epidemia di Xylella fastidiosa in Puglia dal punto di vista degli scienziati che stanno cercando di arginare il fenomeno.

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L’infografica della Stampa sulla Xylella fastidiosa

DA DOVE VIENE LA XYLELLA
I sospetti nei confronti del lavoro degli studiosi dell’Università di Bari che si occupano dell’epidemia di Xylella sono tali che è stata aperta una procedura d’indagine a loro carico per verificare se siano loro ad aver causato l’epidemia. Insomma, è iniziata la caccia all’untore perché qualcuno ha pensato bene di dire che il batterio che sta uccidendo gli ulivi pugliesi è stato portato in Puglia dalla Francia proprio dagli scienziati che da due anni studiano la Xylella e le contromisure per debellarla. I sospetti hanno iniziato a circolare tra il 2013 e il 2014. Mentre agricoltori e ambientalisti lottavano per impedire l’abbattimento degli ulivi, diverse persone hanno accusato i ricercatori di aver introdotto in Europa (specificatamente in Puglia) la Xylella Fastidisosa dopo aver partecipato ad un corso in California (in America, al contrario che nel Vecchio Continente la Xylella è endemica). Molte persone credono ancora oggi che dietro la diffusione del batterio ci sia la mano di qualcuno intenzionato a trarre profitto dalla distruzione degli uliveti pugliesi: il campionario dei complotti va dalla Monsanto ai vivai israeliani che avrebbero già pronta una varietà di ulivi resistenti al batterio. Logico quindi credere che ci siano degli “untori” che hanno contaminato le coltivazioni pugliesi. Gli esperti dell’Università di Bari hanno determinato che il vettore dell’infezione sono alcuni insetti (le cicale sputacchine) e che il ceppo batterico pugliese proviene dalla Costa Rica. Una varietà, quest’ultima, diversa da quella californiana utilizzata nel corso cui hanno preso parte gli scienziati italiani. Insomma la Xylella arriva dalla Costa Rica, ma come ci è arrivata? Secondo i ricercatori il batterio è arrivato tramite l’importazione di piante ornamentali dal paese centro-americano.
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LE INDAGINI PRESSO GLI ISTITUTI DI RICERCA
Le cose non stanno così per gli inquirenti che hanno sequestrato il materiale in diversi centri di ricerca (oltre all’Università di Bari anche al Centro di Ricerca, Sperimentazione e Formazione in Agricoltura Basile Caramia) e presso il Ministero dell’Agricoltura. Paradossalmente il Centro di Ricerca Basile Caramia è tra quelli che stanno sperimentando una possibile cura che possa evitare l’abbattimento delle piante tramite l’utilizzo di nanoparticelle contenenti sostanze in grado di uccidere il parassita. Scommettiamo che qualcuno che griderà al complotto salterà fuori anche in questo caso? Nel frattempo il solito gioco va avanti: laggente accusa gli scienziati di tenere nascosto il rimedio (che ovviamente esisterebbe già), la PM Elsa Valeria Mignone – una delle titolari delle indagini – dice a Famiglia Cristiana che dietro la diffusione della Xylella e le misure di abbattimento preventivo potrebbe esserci il business del fotovoltaico, con imprenditori desiderosi di fare piazza pulita degli ulivi per installare i panelli solari. Secondo Nature questa cultura del sospetto nei confronti della scienza svilisce il lavoro dei ricercatori e, diciamo noi, dà una pessima immagine dell’Italia e del modo di trattare la comunità scientifica. Non significa che gli scienziati abbiano sempre ragione, ma partire dal presupposto che siano sempre in malafede, che difendano interessi particolari e che stiano sempre tramando contro la salute pubblica è un atteggiamento retrogrado e pernicioso per il futuro della ricerca scientifica in Italia.

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