Cultura e scienze
La paura estiva dei cani feroci pericolosi per l’uomo
di Giovanni Drogo
Pubblicato il 2016-08-18
Il caso dell’aggressione mortale al bambino di un anno e mezzo in provincia di Catania da parte del dogo argentino di famiglia riapre la questione delle razze di cani “pericolose”. Ma in realtà mancano completamente i dati sul numero di aggressioni cane-uomo e sulle razze che statisticamente mordono di più. La soluzione, come sempre, è una maggiore consapevolezza dei padroni
Ai tragici fatti di Mascalucia (Catania) fanno seguito le opinioni di coloro che ci spiegano che certe razze di cani sono naturalmente più pericolose per l’uomo di altre. È un ragionamento semplicistico, che prende in considerazione più le notizie di aggressioni (a volte mortali) che dati certi. Purtroppo, come è accaduto due giorni fa, le vittime delle aggressioni mortali spesso sono bambini. Questo non significa che i cani non mordano anche gli adulti, ma che le conseguenze di questi morsi sono meno gravi su un essere umano di età adulta che ha maggiori capacità di difesa e reazione.
Il problema dei dati mancanti sulle aggressioni
Inoltre c’è da considerare che la mole di alcuni cani rende il loro morso più pericoloso, ma questo non significa che il morso di un cane di piccola taglia sia meno dannoso per le categorie più deboli (ad esempio bambini o anziani). Il punto è che non ci sono studi statistici sul numero di aggressioni, di morsi e sulle loro conseguenze. Il CDC ha pubblicato nel 2001 uno studio sulle aggressioni non letali: nel 1994 negli USA ci furono 4,7 milioni di casi di morsi di cani nei confronti dell’uomo, 799.700 di questi hanno richiesto cure mediche. Dobbiamo tenere presente che la popolazione statunitense di 250 milioni di abitanti e che i cani domestici sono all’incirca 60 milioni. In Italia, dopo l’introduzione del registro (ora abolito) delle razze pericolose due medici veterinari hanno condotto un’indagine (non si tratta però di dati con valore statistico) sui casi di morsi nel periodo 1994-2004. Si tratta di informazioni parziali e datate, precedenti alla diffusione di alcune razze considerate maggiormente a rischio sul nostro territorio. Dalla ricerca emerge però che a mordere di più sono cani “insospettabili”, considerati (a volte a torto) “da compagnia” che non erano stati inseriti nella lista delle razze canine pericolose per l’uomo.
Inoltre all’interno della comunità accademica non c’è accordo su quali siano le razze “naturalmente buone” e quelle invece pericolose per natura. I ricercatori della University of Pennsylvania hanno utilizzato il Canine Behavioral Assessment & Research Questionnaire (C-BARQ) per valutare in 4000 cani appartenenti a trentatré razze la propensione a mordere sconosciuti, a rivoltarsi contro il proprietario e ad azzuffarsi con altri cani. il risultato emerso è che le razze che con maggiore probabilità attaccano le persone non sono risultate essere pitbull e rottweiler, bensì chihuahua e bassotti tedeschi. Pitbull e rottweiler si sono collocati a metà classifica, con un’aggressività pari a quella dei barboncini. Certo, nell’impennata di aggressioni da parte di pitbull, un tempo considerato un cane modello un ottimo animale per famiglie, c’è il fatto che sia diventata una razza di moda, con esemplari in mano a padroni non competenti e quindi non in grado di gestirli. Sorprendentemente infine sui divieti contro le razze mordaci (negli USA si è molto discusso se applicarle o no) si dividono sia animalisti che studiosi: ci sono animalisti che vorrebbero tutelarne l’esistenza e altri invece, come la PETA, che chiedono che la razza scompaia.
I cani pericolosi sono senza speranza di redenzione?
Ma è vero che ci sono cani che non sono amici dell’uomo come scrive Francesco Merlo su Repubblica? Se da un lato è indubbio che alcune razze di cani vadano più di moda di altre, e che un certo tipo di cane venga associato, nell’immaginario collettivo, a particolari stili di vita (trasgressivi o meno) la questione su chi sia la “colpa” delle aggressioni è più complessa. C’è chi dice che il cane in sé non rappresenta un pericolo ma che la responsabilità è sempre del proprietario. Il che è ovvio perché è l’umano a dover eventualmente rispondere in tribunale del comportamento del suo animale. Ma dal momento che il cane non è una macchina ma un essere vivente e senziente è possibile anche parlare di un’indole (o di una predisposizione) di certe razze di cani ad essere maggiormente pericolose. Va però tenuto in considerazione che nelle nostre città e nelle nostre case vengono tenuti animali che sono stati selezionati per svolgere determinati compiti. Ci sono cani da caccia, da slitta, da gregge o da difesa che vivono con l’uomo senza dover svolgere il lavoro per il quale sono stati selezionati. Ad oggi quasi nessun cane vive per svolgere il compito per cui è nato in origine, quindi possiamo fare una considerazione su quali di queste doti e in che misura possono essere disfunzionali all’interno dell’ambiente urbano o semiurbano di vita del cane e lavorare per far sì che il cane e le persone con cui vive ed entra in contatto vivano positivamente l’ambiente e le situazioni di vita quotidiane. Non ha molto senso quindi quello che scrive oggi Gianluca Nicoletti sulla Stampa, parlando di cani feroci come totem domestici dell’uomo del nostro secolo:
Il dogo è un molossoide che nasce per uccidere meno di cento anni fa, troppo pochi per elaborare un concetto astratto come il valore della vita di un bipede, rispetto a quella di un puma o un cinghiale.
Il che è strano, se nasce per uccidere “puma e cinghiali” evidentemente è in grado di distinguerli dall’uomo. Ma l’errore vero è pensare che in cento anni una razza canina possa elaborare “concetti astratti”. Dal momento che i cani non hanno a disposizione strumenti per trasmettere “concetti astratti” è inevitabile che l’educazione sia compito di chi li seleziona e li possiede. Ovvero gli esseri umani. Non sappiamo se i proprietari dei due dogo di Mascalucia, nonché genitori della piccola vittima, li avessero presi per “moda” o per “fare i gangster” quindi non possiamo, come giornalisti, esprimerci a tal proposito basandoci sul fatto che ci sono persone che hanno dogo o pitbull perché si sentono più gangsta rap. A quanto risulta i cani erano ben nutriti ed accuditi, e la dinamica dell’episodio – nelle testimonianze della madre e dei vicini – non è chiarissima. Possiamo invece parlare della razza specifica, o di tutte le razze considerate pericolose facendo un ragionamento razionale e non allarmistico (anche per evitare che certi cani vengano abbandonati o messi alla catena a prescindere perché pericolosi) in questo senso, spiegano alcuni istruttori cinofili, il modo corretto di affrontare la questione è quello di conoscere in partenza molto bene le caratteristiche della razza del cane che si vuole, valutarne le possibilità e limiti di vivere un’esistenza felice e positiva all’interno del nostro specifico ambiente di vita (soprattutto ma non solo nell’interesse del cane). In seguito è importante svolgere fin da cuccioli o dall’arrivo in famiglia un corretto percorso di socializzazione ed educazione in base alle necessità del contesto famigliare, delle caratteristiche di razza ed individuali perché ciascun individuo sarà differente sebbene appartenga alla stessa razza. Un cane ben inserito nell’ambiente famigliare e correttamente gestito dal proprietario è più affidabile e meno pericoloso di un altro cane di una razza considerata docile lasciato crescere in autonomia in un terreno senza contatti con l’uomo se non sporadici. Non bisogna infatti dimenticare che i cani – proprio come l’uomo – sono animali sociali. Certo, gli incidenti possono succedere e ci sono alcuni comportamenti da evitare assolutamente (ad esempio lasciare i bambini da soli con un cane, di qualsiasi razza) ma dal momento che generalmente i cani non mordono o attaccano mai senza motivo si tratta di situazioni che, sapendo leggere il comportamento del cane, sono prevenibili. Naturalmente non si può pensare che una persona senza esperienza sia in grado di fare tutto ciò da sola, ma per fortuna esistono professionisti in grado di educare cani e padroni insegnando loro le regole della reciproca convivenza.