La risposta di Gramellini alle critiche su Silvia Romano

di Mario Neri

Pubblicato il 2018-11-23

Nel Buongiorno di oggi il giornalista risponde alla shitstorm di ieri. E canna completamente gran parte dell’argomentazione

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Massimo Gramellini oggi sul Corriere della Sera risponde alle critiche ricevute per il Buongiorno di ieri, che cominciava con un incipit orribile (“Ha ragione chi pensa che la giovane cooperante milanese rapita in Kenya avrebbe potuto soddisfare le sue smanie di altruismo in qualche mensa nostrana”) e poi continuava dicendo che chi insultava Silvia Costanza Romano se la prendeva con il fantasma della propria giovinezza:

Silvia Romano non ruba, non picchia, non spaccia. Non appartiene alla tribù dei lamentosi e tantomeno a quella degli sdraiati. La sua unica colpa è di essere entusiasta e sognatrice. A suo modo, voleva aiutarli a casa loro. Chi in queste ore sul web la chiama «frustrata», «oca giuliva» e «disturbata mentale» non sta insultando lei, ma il fantasma della propria giovinezza.

Oggi Gramellini, che nel pezzo quindi più che allisciare il pelo ai sovranisti dava prova del suo paraculissimo cerchiobottismo, risponde alla valanga di critiche che ha ricevuto e dimostra di non aver capito la domanda.

Era successo questo: qualche furbacchione aveva preso l’incipit della rubrica — dove riconoscevo la logica di alcune argomentazioni contro la cooperante per arrivare nelle righe successive a rovesciarle — e me lo aveva attribuito. A quel punto è partito lo «shitstorm». Centinaia di gabbiani da tastiera hanno trovato il tempo per insultarmi e minacciarmi, ma non per leggere il Caffè fino in fondo: e sì che è piuttosto breve.

In primo luogo no, nessun furbacchione (in particolare) ha preso l’incipit della rubrica eccetera. La presentazione del Corriere su Twitter bastava e avanzava per fare tutto:

gramellini cappuccetto rosso

In secondo luogo, Gramellini dice che riconosce la logica delle argomentazioni patridiote dell’incipit. E qui è inutile sottolineare che invece il bellissimo contributo di Giobbe Covatta pubblicato ieri da Repubblica dimostra come no, non ci sia alcuna logica dietro queste argomentazioni. Quindi conclude così:

In tanti anni di corsivi quotidiani ho scritto la mia quota parte di sciocchezze, ma non ho mai replicato a un attacco ingiusto. Se stavolta lo faccio, è solo per segnalare un pericolo che ci riguarda tutti. I social hanno instaurato la dittatura dell’impulso, che porta a linciare prima di sapere e a sostituire la voglia di capire con quella di colpire.

Si tratta di una minoranza esigua, ma non trascurabile, perché determinata a usare uno strumento alla moda per condizionare, storpiandola, la realtà. Persone che, in nome del Bene, arrivano ad augurarti di morire. E hanno talmente fretta di fartelo sapere da non accorgersi nemmeno che su Silvia tu la pensi come loro.

E qui sbaglia clamorosamente. Perché nessuno che la pensi come loro su Silvia la pensa come loro anche sulla “logica di alcune argomentazioni” (“Non poteva andare alla Caritas?”).

Leggi sull’argomento: Perché fare volontariato se è pericoloso? Lo spiega Giobbe Covatta

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