Economia
La storia della Tagina di Gualdo Tadino “salvata” da Di Maio
di Giovanni Drogo
Pubblicato il 2018-09-13
Secondo la narrazione governativa Di Maio ha lavorato “affinché i lavoratori mantenessero il loro posto di lavoro” ma in realtà l’azienda era stata salvata ad aprile con l’acquisizione da parte di Saxa Gres. E per tre mesi il Ministero ha rifiutato di incontrare le parti sociali spiegando che i dipendenti della Tagina non avevano diritto alla cassa integrazione straordinaria
Sono giorni di grandi successi per il ministro dello Sviluppo Economico Luigi Di Maio. Prima la conclusione della vertenza sull’Ilva di Taranto, la gara illegittima che però al tempo stesso era legittima non è stata annullata e il M5S ha potuto festeggiare un importante traguardo: continuare a fare quello che aveva fatto il governo precedente riuscendo al tempo stesso a dare la colpa a Calenda e a prendersi i meriti. Un pio di giorni fa Di Maio (e il sito del Ministero) ha dato la notizia che dopo tre anni al Ministero “abbiamo risolto la crisi di un’azienda umbra, la Tagina“.
L’azienda “salvata” dal M5S era stata comprata ad aprile
Di Maio è soddisfatto, grazie ad un emendamento approvato in commissione bilancio il governo «ha sbloccato la cassa integrazione in deroga per i lavoratori e salva l’azienda». Non c’è premio migliore dei cittadini che vedono lo Stato concretamente impegnato al loro fianco, per risolvere i loro problemi. Per festeggiare degnamente la conclusione della vicenda oggi il vicepremier si è recato a Gualdo Tadino, in Umbria, alla sede della Tagina.
La Tagina Ceramiche però era stata salvata, nell’aprile scorso, grazie all’intervento della Saxa Gres spa, azienda con sede ad Anagni, in provincia di Frosinone. La Saxa Gres, azienda del gruppo Borgomeo, a marzo di quest’anno si era resa protagonista di un altro salvataggio, con l’acquisizione della Ideal Standard di Roccasecca, anch’essa a rischio chiusura. I forni della Tagina (e la seconda vita dell’azienda) sono stati riaccesi il 18 giugno scorso. La produzione industriale è quindi ripartita poco dopo l’insediamento di Di Maio al MISE. Ma come ha dichiarato il sindaco di Gualdo Tadino Massimiliano Presciutti l’azienda era già salva prima dell’intervento di Di Maio e del governo.
L’inerzia di Di Maio sulla vertenza Tagina
Anzi, il governo si è mosso molto lentamente sulla vicenda. Se Di Maio fosse intervenuto prima, accogliendo la richiesta di un incontro tra le parti al Ministero del Lavoro, probabilmente si sarebbe risparmiato tempo e inutili ulteriori sacrifici ai lavoratori. Nei commenti al post di Di Maio è intervenuto anche il vicepresidente della Regione Umbria Fabio Paparelli che ha spiegato che i fondi per gli ammortizzatori sociali (la cassa integrazione) sono stanziati dalla Regione.
Anzi il 9 luglio il Ministero decise di non convocare le parti perché, in base ad una nota del Ministero retto da Di Maio emanata il 20 giugno, gli uffici ministeriali facevano sapere che l’azienda sarebbe stata esclusa dai benefici degli ammortizzatori sociali perché il gruppo Saxa Gres era subentrato successivamente ad una circolare emanata dal precedente governo nel febbraio del 2018. Quindi inizialmente il Ministero aveva fatto sapere che c’erano degli impedimenti burocratici. A luglio il governo aveva detto no alla cassa integrazione straordinaria per i dipendenti della Tagina. La Tagina ha quindi fatto ricorso al TAR (il 30 agosto) contro la decisione del Ministero del 9 luglio. Paparelli ha anche pubblicato su Facebook il carteggio con il Ministero dove viene negato l’incontro con le parti sociali perché la Tagina non poteva usufruire della Cigs.
Il governo ha quindi deciso, dopo tre mesi in cui non ha fatto sostanzialmente nulla per “salvare l’azienda” di inserire una proposta avanzata dalla Regione nel decreto Milleproproghe. Proposta che conteneva una soluzione per concedere la Cigs ai dipendenti della Tagina. A voler essere davvero intellettualmente onesti la Tagina è stata quindi salvata dalla Saxa Gres, dalla Regione e in ultima istanza dal Ministero che si è accorto che poteva “salvare” l’azienda a costo zero accogliendo la proposta della Regione.