Economia

Il crollo dei consumi e la recessione in arrivo

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2018-11-27

I settori più colpiti sono pelletteria, calzature e abbigliamento. Giù anche alimentari, farmaci e giocattoli. Resistono solo telefonia e informatica

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Ieri abbiamo parlato dei chiari segnali di recessione in arrivo dall’economia italiana; oggi sulla Stampa si riepilogano i dettagli del crollo dei consumi, il più forte dal periodo 2012-2014 quando la recessione fece crollare del 3% le vendite al dettaglio: nei primi nove mesi del 2018 il calo è arrivato al 2%. Ed è «una frenata allarmante», «che influenza in maniera determinante la crescita dell’intera economia», sentenzia il Cer. Che in uno studio realizzato per Confesercenti prospetta una fine anno preoccupante per i consumi, con la crescita prevista per il 2018 ferma all’1%, contro l’1,4% auspicato dal Documento di economia e finanza, ed una situazione di debolezza destinata a proseguire sino a tutto il 2020 con un calo medio della spesa annua pari a 5 miliardi di euro.

La nuova frana tocca praticamente tutti i settori commerciali e tutti i canali di vendita, dal piccolo dettaglio alla grande distribuzione organizzata. A patire di più sono i negozi di pelletterie e calzature che dal +2,3% dei primi nove mesi del 2017 nel 2018 perdono il 2,4%, seguiti a ruota da quelli che vendono abbigliamento (che passano da +0,8 a -1,8%). Pur restando in campo positivo rallentano anche telefonia ed informatica e perdono terreno i farmaci (-1,4%) ed i giocattoli (-1,4%). Poi continua la crisi di libri, giornali e riviste (che da -1,8% arrivano a toccare il -3,3%) ed anche gli alimentari frenano dimezzando la loro crescita (+0,7% anziché +1,4%).

crollo consumi recessione

Andamento delle vendite dei comparti (La Stampa, 27 novembre 2018)

C’è un solo comparto in controtendenza, quello degli elettrodomestici. In soldoni si tratta di circa 900 milioni di euro di fatturato in meno, il 2% in meno rispetto ad un anno prima e circa 20mila negozi che hanno cessato l’attività. Anche i grandi gruppi pagano dazio. Tra gennaio e settembre la grande distribuzione organizzata è cresciuta appena dello 0,2% contro il +2% dell’anno passato.

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