Coronavirus, il focolaio di Milano

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-03-21

Il boom di positivi nel reparto di Psichiatria del Niguarda. Strage in una casa di riposo ad Affori: 11 anziani deceduti

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Il trend di Milano per il Coronavirus SARS-COV-2 e per COVID-19 fa sempre più paura. Il Corriere della Sera di Milano oggi spiega che con  la città «blindata», le strutture sanitarie (dai reparti non-Covid degli ospedali alle residenze per anziani), rischiano di diventare focolai che sostengono il contagio.

La ricognizione fino a ieri sera racconta di due operatori Covid-positivi al 118 di Milano; infermieri malati e isolati nel «convitto» di Niguarda; mascherine da riciclare per otto giorni al Pio albergo Trivulzio; una nuova strage in una residenza sanitaria, la Casa famiglia per anziani ad Affori: in un solo reparto, su 35 ospiti, 11 sono morti e una decina sono ancora malati. Un rischio sottolineato ieri dalla virologa Ilaria Capua, che in un’intervista a Le grand continent, in Francia, ha posto il problema di alcune strutture sanitarie che potrebbero aver agito da moltiplicatori del coronavirus.

Accade, in buona parte, per la disastrosa carenza di protezioni. La prefettura ha individuato questo tema chiave da giorni e ha reperito «in proprio» (grazie ad aiuti e donazioni) quattromila mascherine chirurgiche per le case di riposo, 2.450 a filtraggio elevato per i medici di base, altre seimila per le forze dell’ordine.

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Il Corriere racconta cosa è successo al Niguarda:

Il 10 marzo, dopo il primo paziente positivo, sono previsti tamponi per tutti gli operatori, ma la procedura viene annullata. Si fanno invece sui pazienti: tra «Psichiatria 1 e 2», i positivi sono 11, talmente tanti che il giorno dopo si decide di «spaccare» il reparto. I positivi da una parte, i negativi da un’altra. Nasce così un inedito reparto ospedaliero di «Psichiatria-Covid», una sorta di infettivologia psichiatrica: ma senza che il personale abbia esperienza e  senza i sistemi di sicurezza necessari (mascherine ad alto coefficiente di filtraggio, camici, occhiali).

«Tutto ciò è stato fatto senza dispositivi di protezione individuale adeguati», denunciano i lavoratori. Infettivologi e anestesisti che vanno a fare consulenza sono «molto preoccupati». Otto infermieri e operatori si ammalano. Un paio sono in condizioni gravi, un altro è isolato dentro un convitto con spazi comuni. E per ora nessuno può dire quanto sia diffuso il contagio.

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