L'eterna lotta tra Visco e Renzi

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2017-12-02

La guerra tra PD e Bankitalia su Banca Etruria si arricchisce di un nuovo capitolo: il verbale che racconta i tentativi di accordo per una fusione tra BPVI e l’istituto di Arezzo. La risposta di Bankitalia e il ridicolo in arrivo

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La commissione d’inchiesta sulle banche rotte è quel luogo in cui i politici devono decidere se le responsabilità delle crisi bancarie le hanno loro o qualcun altro. Vista la poderosa capacità di autocritica della politica nostrana, non sorprende che n questa situazione sia scoppiata la nuova guerra tra Partito Democratico e Bankitalia: l’oggetto del contendere è sempre Banca Etruria. Ovvero proprio quella banca che era stato oggetto di un duro botta e risposta tra il segretario del PD Matteo Renzi e Marcello Sorgi sulla Stampa.

L’eterna lotta tra Visco e Renzi

Il quotidiano riportava qualche tempo fa un retroscena in cui si sosteneva che la causa della rottura tra Renzi e il governatore Ignazio Visco risiedesse nell’affare Banca Etruria, e in come fu gestito dal MEF e da via Nazionale, ovvero – sosteneva l’articolo – senza informare la presidenza del Consiglio. L’ex premier, in una lettera di replica alla Stampa, ha invece sostenuto che al commissariamento di Banca Etruria si pervenne di concerto tra via XX Settembre e Palazzo Chigi, volendo così dimostrare che nessuno sconto è stato fatto da lui alla banca di cui era vicepresidente il padre di Maria Elena Boschi. Pier Carlo Padoan invece tace.
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In questo clima qualche giorno fa il procuratore della Repubblica di Arezzo Roberto Rossi in audizione presso la commissione di Casini è andato all’attacco di Bankitalia: “Ci è sembrato un poco strano” che venisse incentivata da Bankitalia l’aggregazione di Banca Etruria con Popolare di Vicenza, la quale, “leggendo le ispezioni” di Via Nazionale “era in condizioni simili” alla babca toscana, ha detto. La mancata operazione, ha proseguito, portò poi Bankitalia a censurare e sanzionare i vertici e al commissariamento dell’istituto a febbraio 2015. Il procuratore di Arezzo ha ricordato come la Banca d’Italia chiese nel dicembre 2013, a seguito di ispezioni e azioni di vigilanza, “ad Etruria di integrarsi in gruppo di elevato standing con ‘le necessarie risorse patrimoniali e professionali’. E qui – spiega il pm – abbiamo tracce documentali di tentativi di ricerca di un gruppo che possa risollevare le sorti di Etruria, vengono investiti diversi organi e advisor come Mediobanca per un’operazione che Bankitalia definisce operazione ‘prioritaria’.

Bankitalia e l’aggregazione tra BPVI e Banca Etruria

Bankitalia aveva però già replicato a queste accuse spiegando che è stato un atto formale mancato (ovvero sottoporre al CdA l’offerta di BPVI, magari per rifiutarla) a portare alla sanzione.  Quello di Banca Etruria nei confronti dell’offerta di Vicenza, secondo alcune fonti della Banca d’Italia che hanno risposto oggi alle polemiche, era un comportamento sintomatico di un impegno del tutto inadeguato ad affrontare le difficoltà segnalate dalla Vigilanza, riconducibile all’esigenza di preservare, a qualsiasi costo, il radicamento territoriale e l’autonomia della banca.
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Oggi però Fabio Tonacci su Repubblica racconta cosa successe il 15 giugno di tre anni fa, quando i vertici di Etruria e di Vicenza si incontrarono con i delegati del Governatore Ignazio Visco proprio per discutere dell’integrazione. Stando a un verbale di cui Repubblica è venuta in possesso, chi partecipò alla riunione si convinse che Bankitalia avesse dato la sua approvazione. Il verbale è quello del consiglio di amministrazione di Etruria e porta la data del 19 giugno 2014.

La versione di Banca Etruria 

Lorenzo Rosi, che all’epoca era presidente di Banca Etruria, racconta dell’incontro a cui ha partecipato insieme ai due vicepresidenti Alfredo Berni e Pier Luigi Boschi con il presidente della Banca Popolare di Vicenza Gianni Zonin e il suo dg Samuele Sorato, e con il capo della vigilanza Vincenzo Barbagallo.

«I rappresentanti di Banca d’Italia hanno evidenziato come l’Opa (proposta da Zonin, ndr) non possa rappresentare l’unica soluzione per addivenire all’auspicata integrazione, al contempo ribadendo l’esigenza che il processo di aggregazione si concluda con tempi e modalità puntualmente definiti». Rosi spiega poi di aver inviato a Zonin una lettera con l’ennesima controproposta, formalizzata «tenendo conto delle indicazioni in tale sede espresse dall’Autorità di vigilanza».

pier luigi boschi maria elena boschi

Stando alle sue parole, quindi, Bankitalia non si oppose all’integrazione, né sollevò dubbi sulla solidità finanziaria della Popolare Vicenza. Eppure lo stesso Barbagallo alla commissione parlamentare d’inchiesta ha detto che dal 2008 quella banca aveva subìto otto ispezioni: «nel 2012 vennero fuori maggiori crediti deteriorati per 293 milioni» e «perdite superiori per 112 milioni, con un progressivo degrado del portafoglio». Un’altra ispezione ci fu nel primo semestre del 2014 e il giudizio non migliorò. È vero che, all’epoca della riunione, i finanziamenti baciati non erano ancora stati scoperti, però è difficile sostenere che la Popolare di Vicenza fosse «di elevato standing», talmente solida da reggere i conti disastrati di Etruria.

…e la risposta di Bankitalia

Sul tema però ha qualcosa da dire anche via Nazionale. Da Palazzo Koch ricordano innanzitutto che il consiglio di amministrazione di Banca Etruria non si è mai espresso sulla fusione, e questo è confermato anche dal verbale che viene citato oggi da Repubblica. Ma soprattutto, racconta invece Federico Fubini sul Corriere, Visco ha intenzione di rendere pubbliche tutte le carte che riguardano la vicenda di Banca Etruria, compreso l’incrocio del destino con BPVI, quando Carmelo Barbagallo, capo della Vigilanza, andrà in audizione in commissione:

L’audizione è attesa per il 12 dicembre e del resto quel che ne emerge è già noto: il commissariamento di Etruria, deciso nel corso di un’ispezione fra fine 2014 e inizio 2015, è semplicemente il risultato dello stato della banca. Il patrimonio era molto sotto ai minimi di legge, i crediti in default quasi metà del portafoglio prestiti. Permettere a un’azienda del genere di continuare a operare con gli amministratori che l’avevano portata a quel punto sarebbe stata, quella sì, un’omissione.

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In questo clima andrà in scena probabilmente l’ultimo capitolo della lotta tra Visco e Renzi, cominciata ufficialmente con la presentazione della mozione in cui si chiedeva un rinnovamento al vertice di Bankitalia da parte del Partito Democratico e passata per la riconferma del governatore da parte di Gentiloni e Mattarella. L’intento, scoperto, del PD, è quello di ri-scrivere la storia di quanto è accaduto sotto il governo Renzi per affermare che l’esecutivo non ha nessuna colpa nel caos delle crisi bancarie, ma le responsabilità vanno cercate tra Bankitalia e Consob. Quanto avrà successo, soprattutto ai fini elettorali, questa strategia oppure quanto invece danneggerà tutte le istituzioni impegnate in un inglorioso scaricabarile, costituisce un indovinello avvolto in un mistero all’interno di un enigma (cit.). Affogato in un mare di ridicolo.

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