«Il Vaticano è il prossimo obiettivo dei terroristi»

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2015-01-12

Un rapporto di Cia e Mossad all’intelligence italiana. Intanto il video di Coulibaly finisce sul tavolo degli inquirenti. E i precedenti annunci del settembre scorso tornano sul tavolo degli inquirenti. In attesa di una risposta

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Il Vaticano è il prossimo obiettivo dell’ISIS. Dopo l’informativa di Alfano, la tv di Stato israeliana riferisce che CIA e Mossad, i servizi segreti USA e israeliani, hanno avvertito con una nota riservata i servizi di sicurezza italiani e vaticani, pur sottolineando che non ci sono «segnali concreti».

Le squadre anti-terrorismo non hanno ancora ricostruito i legami con i miliziani in nero che combattono in Siria e Iraq. Eric Holder, ministro della Giustizia americano in visita a Parigi per la manifestazione, ammette di non avere «informazioni credibili» per determinare quale gruppo — se ce n’è uno — sia dietro agli attacchi. Da Washington, rivela il telegiornale della tv di Stato israeliana, i servizi segreti avrebbero avvertito il Vaticano che la Santa Sede è il prossimo bersaglio nella lista di obiettivi dello Stato Islamico. La Cia e il Mossadisraeliano — scrive invece l’agenzia Ansa — hanno inviato all’intelligence un dossier che analizza gli scenari terroristici. Il Vaticano «è un possibile bersaglio, al momento non ci sono segnali concreti», commenta una fonte italiana.

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La copertina della rivista di propaganda dell’ISIS con il fotomontaggio della bandiera nera in Vaticano

IL VATICANO PROSSIMO OBIETTIVO DEI TERRORISTI
L’Italia cerca di difendersi puntando sul rafforzamento dei controlli per chi viaggia. In particolare si lavora a modifiche di legge sui dati dei viaggiatori raccolti dalle compagnie aeree, spiega oggi Repubblica:

La cosiddetta questione del pnr (personal number record), e cioè la scheda che i vettori compilano per ogni passeggero, che viene associato a un numero: in quella scheda vi sono moltissime informazioni personali, nome, età, metodo di pagamento del biglietto, eventuali preferenze alimentari espresse durante il viaggio o condizioni sanitarie emerse, oltre che ovviamente tutte le informazioni relative agli spostamenti. In America, Australia e Canada le compagnie sono obbligate a condividere tali informazioni con le autorità. In Europa no. Per motivi di privacy. «La condivisione del pnr — secondo Alfano, ma anche secondo la maggioranza dei suoi colleghi — deve essere considerata una priorità». Dovrà invece variare il rapporto tra gli stati e i colossi di internet. Dopo la stagione della criminalizzazione (Nsagate) sembra affacciarsi l’era della collaborazione. Le moschee non hanno più un ruolo primario nella cooptazione jihadista. Ad esse si è sostituita Internet. Il segretario alla giustizia Usa che partecipava all’incontro ha spiegato come sia ormai «indispensabile la collaborazione con gli operatori di Internet per identificare e ritirare rapidamente i contenuti che incitino all’odio e al terrorismo».

Ma il primo allarme in questo senso risale al settembre scorso, quando «venne trasmessa un’informativa proveniente da un servizio segreto estero che evidenziava una conversazione tra due arabi sulla possibilità di «fare qualcosa in Vaticano». I due nomi sono stati subito controllati: uno dei due risultava totalmente sconosciuto,l’altro sarebbe transitato dall’Italia circa otto mesi fa. E questo ha convinto gli apparati di prevenzione sulla necessità di far salire ulteriormente il livello di attenzione, sia pur senza prendere alcuna iniziativa straordinaria».  Il pericolo in questo caso verrebbe dai foreign fighters, ovvero da coloro che andrebbero, secondo il racconto, in Siria e Iraq per «addestrarsi» per poi tornare in Occidente. Quanti? Sarebbero quarantotto i combattenti partiti dall’Italia per combattere la Guerra Santa sotto le bandiere islamiste in Siria e in Iraq. I più erano immigrati transitati da noi per qualche tempo. Due quelli con passaporto italiano (uno il genovese Giuliano Delnevo, convertitosi all’Islam e deceduto in combattimento nei pressi di Aleppo, l’altro un marocchino naturalizzato). Vengono tutti seguiti dai nostri servizi segreti,nei limiti del possibile, e attesi al varco. Una decina, comunque,sarebbe già morta negli scontri. La Stampa qualche settimana fa faceva il punto sulle cellule italiane:

Da oltre un anno alcune procure del Paese – grazie all’attività della polizia dell’anti terrorismo e dei carabinieri del Ros – stanno investigando sull’effettivo coinvolgimento di giovani disponibili ad andare a combattere in Siria.E in tre città esistono già alcuni indagati. Cinque sono quelli perseguiti dalla procura di Venezia con l’accusa di essere reclutatori dei jihadisti. Nel Veneto, peraltro, sono concentrati gruppi estremisti tra Belluno, Treviso e Pordenone. Quattro persone indagate a Milano e altre quattro a Genova.Il caso più noto è quello del genovese Giuliano Delnevo – convertitosi all’islamismo al punto da prendere anche il nome di Ibrahim – morto nel giugno 2013 in Siria. Tra gli altri tre uomini iscritti nel registro degli indagati nel capoluogo ligure c’è anche un suo amico, Umar Lazzaro,che però ha preso le distanze da Delnevo,si è rifiutato di andare in guerra nel nome dell’Internazionale islamica e sta collaborando con gli inquirenti.Dovrebbe essere interrogato nelle prossime settimane e dalle sue rivelazioni potrebbero emergere elementi utili per le inchieste dei nostri 007. Di nazionalità marocchina sono invece gli altri due indagati dai magistrati genovesi, di cui però non si sa più assolutamente nulla.

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