Il triplo incarico (con triplo stipendio?) del manager ATAC

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2017-08-25

Paolo Simioni è presidente, AD e direttore generale della municipalizzata dei trasporti romana. Secondo le norme non si può fare, scrive il Corriere

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Paolo Simioni, il fedelissimo di Colomban da poco nominato dalla Giunta Raggi al vertice di ATAC, si trova nella curiosa situazione di avere tre incarichi: è presidente, amministratore delegato e direttore generale dell’azienda. La vicenda che ha riguardato la sua nomina ha suscitato sin da subito molta curiosità perché la governance di ATAC aveva previsto finora la presenza di un amministratore unico, mentre la Raggi, sempre molto attenta alle spese in eccesso, ha deciso di nominare un consiglio di amministrazione con l’effetto di moltiplicare le poltrone. Oggi Federico Fubini sul Corriere della Sera si fa una domanda sul triplo incarico di Simioni: è tutto legale?

Rispondere con certezza è impossibile perché l’Anac, l’autorità anti-corruzione guidata da Raffaele Cantone, non si è pronunciata né risulta sia stata consultata dal comune di Roma o dall’azienda. Ma la normativa non sembra dalla parte di Simioni, in particolare quella legata alla più recente legge anti-corruzione.
Uno dei decreti di quel pacchetto, il 39 approvato l’8 aprile del 2013, all’articolo 12, comma primo proibisce il cumulo di altre poltrone da parte di un presidente e amministratore delegato di una società di proprietà di un comune. Si legge: «Gli incarichi dirigenziali negli enti di diritto privato in controllo pubblico sono incompatibilicon l ’assunzione o il mantenimento della carica di presidente e amministratore delegato nello stesso ente di diritto privato in controllo pubblico».

 

paolo simioni atac
Le inchieste su ATAC

Insomma non si può fare allo stesso tempo il presidente (o amministratore delegato) e il dirigente. C’è poi un altro punto sul quale da qualche giorno si concentra l’interesse dell’opinione pubblica ma che ATAC non ha ancora voluto chiarire: quello dello stipendio del manager.

Non è chiaro perché Atac, Raggi e Simioni abbiano rischiato una violazione così vistosa delle norme anti-corruzione. Di certo Simioni fino al mese scorso guadagnava 240mila euro lordi l’anno —il massimo possibile nel settore pubblico— con il suo incarico di «coordinamento» delle partecipate del comune di Roma. Invece il ruolo di presidente dell’Atac valeva appena 79 mila euro.
Solo un compenso da direttore generale in teoria poteva permettere a Simioni di risalire fino a 240mila, anche in un’Atac vicina al default. Ma è impossibile sapere con certezza quanto guadagna con quest’ultima nomina il manager veneto: a varie richieste di fare chiarezza in proposito, ieri in pieno orario d’ufficio, l’Atac non ha risposto.

Leggi sull’argomento: Paolo Simioni: la vittoria di Casaleggio e Grillo dietro le nomine ATAC

 

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