Economia

Le tre strade per ridurre il debito pubblico italiano

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2019-05-13

Ci sono stati 30 casi di riduzione del debito pubblico per importi superiori (o vicino) a 25 punti percentuali di Pil. Queste riduzioni di debito sono state ottenute in tre modi

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Carlo Cottarelli  in collaborazione con l’Osservatorio sui conti pubblici italiani indica oggi sulla Stampa tre strade per ridurre il debito pubblico italiano.  L’OCPI prende spunto dai metodi utilizzati dagli altri paesi:  ci sono stati 30 casi di riduzione del debito pubblico per importi superiori (o vicino) a 25 punti percentuali di Pil. Queste riduzioni di debito sono state ottenute in tre modi:

Il primo è un’ondata inflazionistica. Questo avvenne in diversi Paesi, compresa l’Italia, nell’immediato dopoguerra con livelli di inflazione anche superiori al 50 per cento durante la media del periodo di riduzione del debito. Il rimedio è rapido: l’ondata inflazionistica spazza via il debito in termini di potere d’acquisto tassando, attraverso l’inflazione, chi ha comprato titoli di Stato.

debito pubblico 2358 miliardi

I voti sul debito italiano (Corriere della Sera, 16 marzo 2019)

Il secondo è un misto di crescita, inflazione moderata e repressione finanziaria. Questo è il metodo seguito da diversi Paesi (compresi Stati Uniti e Regno Unito) negli anni ’50 e ’60. Il debito cala più gradualmente, ma comunque per importi elevati. Occorre anche «mettere a posto i conti»: i Paesi che hanno seguito questa strategia hanno mantenuto avanzi primari (la differenza tra entrate dello Stato e spesa pubblica al netto degli interessi) positivi, ma su livelli non troppo elevati (in media l’1,5 per cento del Pil).

Il grosso l’ha fatto la repressione finanziaria: un insieme di restrizioni all’investimento (compreso vincoli ai movimenti di capitale) che hanno compresso i tassi di interesse sui titoli di Stato. Anche qui, come nel caso dell’inflazione, si tratta di una tassa su chi comprava titoli di Stato: i tassi di interesse venivano tenuti artificialmente più bassi di quelli che gli investitori avrebbero richiesto in assenza di repressione finanziaria.

Il terzo metodo è invece portare l’avanzo primario a livelli sufficientemente alti. Questo ha caratterizzato la riduzione del rapporto tra debito pubblico e Pil in 11 Paesi tra la fine degli anni ’80 e la metà del decennio scorso. Questi Paesi hanno mantenuto un avanzo primario medio di oltre il 4 per cento del Pil. Il Belgio, per esempio ha mantenuto tra il 1994 e il 2007 un avanzo primario del 4,9 per cento. Anche l’Italia si era avviata su questa strada, raggiungendo avanzi primari dell’ordine del 5 per cento sul finire degli anni ‘90. Ma, una volta entrati nell’euro, abbiamo invertito la rotta.

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