Come funziona il business dei test COVID falsi a 36 euro

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-07-09

Nella capitale Dacca, stando alla stampa locale, bastano infatti tra i 3.500 e i 5.000 taka (36-52 euro) per acquistare un’attestazione sanitaria fasulla. Un documento che non ha validità al di fuori dei confini bengalesi ma che viene richiesto a  chiunque debba imbarcarsi a bordo di un aereo per raggiungere l’Europa o l’Italia

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Il Messaggero racconta oggi come funziona il business dei test COVID falsi a 36 euro in Bangladesh, che a quanto pare vengono venduti anche nelle copisterie:

Nella capitale Dacca, stando alla stampa locale, bastano infatti tra i 3.500 e i 5.000 taka (36-52 euro) per acquistare un’attestazione sanitaria fasulla. Un documento che non ha validità al di fuori dei confini bengalesi ma che viene richiesto a  chiunque debba imbarcarsi a bordo di un aereo per raggiungere l’Europa o l’Italia per abbattere le possibilità di nuovi contagi. I contraffattori sono molti e agiscono in modalità talmente tanto disparate che le autorità faticano a prevederne le mosse.

Qualche giorno fa ad esempio, all’esterno del General Hospital di Mugda, una delle strutture più all’avanguardia di Dacca, come al solito c’era una lunghissima coda di cittadini pronti a sottoporsi al tampone. Attorno a loro però ronzavano un paio di persone che, come scoperto in seguito dalla polizia, da giorni avvicinavano chi era in fila per proporgli un certificato falso al posto del test ufficiale. Quasi dei bagarini che, agganciato qualcuno, lo portavano in una copisteria a pochi passi dall’ingresso dell’ospedale.

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Lì, grazie a degli accordi con dei  dipendenti della struttura sanitaria compiacenti, avevano a disposizione tutte le matrici originali dei documenti. Altre volte però, erano gli impiegati di uffici vicini all’attività a recarsi nella copisteria per richiedere il certificato fasullo. Ottenerlo infatti non permette solo a chi è residente in un altro Paese o possiede un permesso di soggiorno lavorativo di partire in aereo ma anche, a chi vive in Bangladesh, di avere delle ferie retribuite e un’indennità versata dallo Stato.

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