La stagnazione dell’Italia

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2019-07-20

Si prepara una manovra da 50 miliardi: il peso maggiore è rappresentato dai 23,1 miliardi da trovare per evitare dal primo gennaio del prossimo anno un aumento dell’Iva

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Ieri l’Upb, l’autorità indipendente sui conti pubblici, ha emesso il suo verdetto d’estate sul PIL stimando una crescita per il 2019 dello 0,1 per cento, una previsione sulla quale sono allineati tutti i centri studi, dalla Banca d’Italia alla Commissione Ue all’Fmi; solo il governo si tiene un po’ più in alto ma, realisticamente, non va sopra lo 0,2 per cento.

La stagnazione dell’Italia

Il tutto mentre secondo le più recenti stime estive della Commissione l’area dell’euro, seppure in difficoltà, dovrebbe crescere dell’1,2 per cento. E il punto è che in queste condizioni di partenza sarà difficile organizzare la manovra da mettere in atto per il 2020 che sarà minimo di 27,6 miliardi. La cifra considera la sterilizzazione dell’Iva (23,1 miliardi) più le cosiddette spese indifferibili, investimenti e spese correnti. Ma la cifra, spiega Repubblica in un articolo a firma di Roberto Petrini, potrebbe ulteriormente lievitare:

Naturalmente va ricordato che la Commissione chiede una ulteriore correzione strutturale dello 0,6 per il prossimo anno. In questo caso ci aiutano due elementi: gli effetti sul 2020 dell’assestamento di bilancio appena varato e la riduzione dei tassi che ci consentono una riduzione del rapporto deficit-Pil dal 2,1 per cento del Def dell’aprile scorso all’1.7-1,8 stimato dall’Upb. pari a 3-5 miliardi strutturali già incorporati.

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L’Italia in stagnazione: le stime (La Repubblica, 20 luglio 2019)

Mancherebbe ancora uno 0,4 di Pil, ovvero 7,2 miliardi, per arrivare allo 0,6 richiesto e se i rapporti dovessero guastarsi e l’Italia rimanesse isolata, potrebbero essere pretesi da Bruxelles. In questo caso, ai 27,6 si aggiungerebbero i 7,2 e si arriverebbe a 34,8 miliardi. Cui andrebbero aggiunte le risorse per flat tax, bollo auto, famiglia, arrivando comodamente a quota 50 miliardi.

Il peso maggiore è rappresentato dai 23,1 miliardi da trovare per evitare dal primo gennaio del prossimo anno un aumento dell’Iva dal 10 al 13 per cento per l’aliquota intermedia e dal 22 al 22,5 per l’aliquota ordinaria.

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