Lavoratori stagionali: gli esodati del contagio

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-03-07

Il risultato è che oltre 200 mila persone, abituate ogni anno a essere chiamate nelle zone turistiche, non sanno che cosa succederà

article-post

Roberto Rotunno sul Fatto Quotidiano oggi racconta gli esodati del contagio, ovvero i lavoratori stagionali che sono i primi a subire gli effetti dell’emergenza Coronavirus.

Proprio loro rischiano di essere gli “esodati” di questa emergenza sanitaria: pagheranno più di tutti e, almeno per il momento, non potranno aggrapparsi a nessuna misura messa in campo dal governo per limitare i danni economici. Con le strutture vuote, le cancellazioni che arrivano quotidianamente nelle reception, eventi e spettacoli bloccati, i titolari stanno tagliando come possono gli organici. Quelli delle località invernali stanno chiudendo in anticipo la stagione; quelli che operano nelle mete estive stanno rimandando la partenza. E se questi lavoratori non vengono nemmeno assunti, non c’è cassa integrazione che possa proteggerli.

Il risultato è che oltre 200 mila persone, abituate ogni anno a essere chiamate nelle zone turistiche, non sanno che cosa succederà. È una categoria già precaria di suo: i più “fortunati” lavorano per otto mesi, quindi possono coprire il periodo di stop con quattro mesi di sussidio di disoccupazione (la Naspi, come prevista dal Jobs Act, dura la metà dei mesi di servizio). Ma la fetta più grossa è impegnata solo sei mesi, quindi può contare sull’ombrello solo per tre mesi e gli altri tre restano scoperti.

italia casi coronavirus altri paesi
I casi di Coronavirus in Italia e negli altri paesi (Corriere della Sera, 7 marzo 2020)

Un problema che non sta colpendo solo Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna. Claudia, per esempio, lavora in un albergo a Grosseto che ospita anche congressi. “Dove vo essere assunta il 15 marzo – racconta –ma l’azienda mi ha detto che sono saltati gli eventi previsti, per il momento non apre e io devo stare in attesa”. Un bel guaio, visto che sta scadendo la disoccupazione.

“In genere – ricorda – inizio a metà marzo, con un contratto a chiamata fino a metà aprile. Poi parte un tempo pieno fino a settembre, poi torno con rapporto a chiamata per gli eventi fino dicembre”. I primi mesi dell’anno, dunque, è costretta a riposare per la chiusura dell’hotel. Quest’anno, però, la fermata è più lunga del previsto, e soprattutto la riapertura non ha ancora data certa. “Se non rientriamo –fa notare – non so nemmeno come pagare la luce e l’acqua”.

Leggi anche: Come fare la spesa al tempo del Coronavirus

Potrebbe interessarti anche