La sentenza della Corte dei Conti sui derivati

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2018-06-15

La procura chiedeva un risarcimento da 3,9 miliardi a Morgan Stanley, ai ministri Siniscalco e Grilli e alla dirigente del Tesoro Cannata. I contratti con i derivati con la clausola ATE sono stati ritenuti legittimi e insindacabili

article-post

La Corte dei Conti dichiara “il difetto di giurisdizione” nel caso dei derivati stipulati dal Tesoro. Una vicenda per cui la Procura generale chiedeva un risarcimento da 3,9 miliardi ad ex ministri e vertici del ministero. I contratti sono stati ritenuti dalla sentenza della Corte dei Conti n.346/2018 legittimi e, allo stesso tempo, insindacabili dal punto di vista delle scelte amministrative.

La sentenza della Corte dei Conti sui derivati

Il processo si era aperto il 19 aprile scorso con la requisitoria del procuratore della Corte dei Conti, Massimiliano Minerva, contro l’istituto americano Morgan Stanley e contro gli ex ministri, Domenico Siniscalco e Vittorio Grilli, e dirigenti del Tesoro, Maria Cannata, ex responsabile del debito pubblico, e Vincenzo La Via, anche lui ex direttore generale, imputati per un danno erariale da 3,9 miliardi di euro. La contestazione riguardava la “negligenza” e l’ “imperizia” del MEF nell’inserimento nel contratto con la banca di una specifica clausola di uscita anticipata dai derivati, l’Ate, e del pagamento a Morgan Stanley, che ne rivendicava l’attuazione, di 3,1 miliardi di euro, proprio nel momento di maggiore difficoltà economica del Paese, a fine 2011. All’udienza la banca aveva contestato proprio la giurisdizione della Corte dei Conti in materia, chiedendo che a giudicare fosse la magistratura civile.

derivati morgan stanley corte dei conti
Derivati: un banner di Movisol

“Non si può – si legge nella sentenza – ritenere che la stipulazione dei contratti derivati in contestazione integri gli estremi di una violazione di legge”. Inoltre “la Corte dei Conti può e deve verificare la compatibilità delle scelte amministrative con i fini pubblici dell’ente, ma, per non travalicare i limiti esterni del suo potere giurisdizionale, una volta accertata tale compatibilità, non può estendere il suo sindacato all’articolazione concreta dell’iniziativa intrapresa dal pubblico amministratore, la quale rientra nell’ambito di quelle scelte di merito di cui la legge stabilisce l’insindacabilità“. Sono stati dunque assolti l’ex responsabile del debito pubblico Maria Cannata (assistita dagli avvocati Giuseppe Iannaccone e Riccardo Lugaro), l’ex direttore generale Vincenzo La Via, gli ex ministri Domenico Siniscalco e Vittorio Grilli, oltre alla banca Morgan Stanley (difesa tra gli altri da Antonio Catricalà).

ATE: la clausola di uscita anticipata dai contratti

Al centro delle contestazioni c’era l’inserimento nel contratto con Morgan Stanley di una specifica clausola di uscita anticipata dai derivati, l’Ate.  “Siamo lieti di questa sentenza, della quale non siamo per nulla sorpresi, perché ha confermato le capacità e l’integrità di un funzionario pubblico, la dottoressa Cannata, a cui la Repubblica Italiana deve essere grata per il lavoro svolto con abnegazione anche in anni estremamente difficili”, dice l’avvocato Iannacone.

Leggi sull’argomento: Cosa succede quando Matteo Salvini si affida ad un video per spiegare “la verità su Aquarius”

Potrebbe interessarti anche