La psicosi dei sacchetti trasparenti per la differenziata a Roma

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2019-08-19

Panico tra i cittadini romani per la nuova trovata all’insegna della trasparenza (quanno ce pare) della giunta Raggi. Chissà se un vigile zelante in uno dei sacchi dell’indifferenziato riuscirà a trovare i bilanci di AMA del 2017 e del 2018. Perché come ci insegna Beppe la trasparenza non parte dal basso, parte dall’alto

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Ci deve essere del genio ad emanare il 5 agosto (cinque agosto) un’ordinanza  – la numero 153/2019 – che impone a tutti i cittadini della Capitale l’utilizzo di sacchetti trasparenti per i rifiuti indifferenziati e per la raccolta di metallo e plastica. Ovviamente siccome siamo a Roma i sacchetti trasparenti tocca comprarseli, e in fretta anche perché la Polizia Municipale è già in giro a caccia di trasgressori. La multa da 25 euro (ma può arrivare fino a 500 euro) potrà sembrare anche poca cosa, ma è pur sempre una gran seccatura.

Sacchetti trasparenti per l’indifferenziata a Roma, ma te li devi comprare tu

Ed infatti è successo. Ne dà conto Roma Today che racconta del primo multato per aver violato la disposizione contenuta nell’ordinanza della sindaca Virginia Raggi. L’uomo, colto sul fatto nel XI Municipio dagli agenti del nucleo ambiente e decoro (NAD) è stato sorpreso mentre gettava i rifiuti in un sacco nero invece che nell’apposito sacco trasparente. Ora, sicuramente quel cittadino ha sbagliato, in fondo ha contravvenuto ad un’ordinanza, ma gliene si può davvero fare una colpa? Roma è la città dove si paga la tassa sui rifiuti più alta d’Italia (sì, anche con la Raggi) e il livello e la qualità del servizio sono da paese in via di sviluppo. A fronte della spesa sostenuta annualmente uno si aspetterebbe come minimo una fornitura dei sacchetti trasparenti, ma non c’è nemmeno quello.

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Ma c’è di più. Nell’ordinanza si legge che «gli effetti del presente provvedimento, in coerenza con la sua natura contingibile e urgente dovranno limitarsi al tempo strettamente necessario all’individuazione delle più opportune soluzioni, idonee al superamento delle criticità in essere e, comunque, ad un periodo non superiore a 180 giorni». Cosa succederà dopo i 180 giorni non è dato di saperlo, magari si opterà per una proroga, magari si penserà ad altro. Il sistema della trasparenza dei rifiuti rimarrà in vigore per la durata di sei mesi. I cittadini sono naturalmente preoccupati, per le multe e per l’ulteriore difficoltà imposta da un’Amministrazione che da parte sua non sembra essere in grado di fornire un servizio degno di questo nome.

Cosa ottengono in cambio i romani?

Nel frattempo i romani, proprio quelli che magari se ne fregano dei divieti di abbandonare i rifiuti ingombranti per strada, devono adeguarsi al nuovo corso. Sacchetti trasparenti per tutti, e di corsa. Cosa fare di quelli “classici” neri che si sono sempre usati per raccogliere l’immondizia non è chiaro; magari sarà sufficienti gettarli dentro l’apposito sacco trasparente per risolvere il problema. Ma per la verità il vero problema dei rifiuti romani è un altro: è la mancanza di mezzi per la raccolta, è la carenza degli impianti di trattamento e la cronica indecisione di Comune e Città Metropolitana (ovvero sempre la Raggi) su dove fare la discarica per portare l’indifferenziato che i romani producono.

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Poi si può anche ricordare il fatto che la differenziata e il porta a porta non crescono, alle sperimentazioni con i bidoncini “con i microchip” (come si usa fare i comuni più progrediti) ma pensare che imporre i sacchi trasparenti si traduca in una migliore qualità della raccolta dell’indifferenziato (ovvero la frazione non umida e non riciclabile) è pura utopia. I romani però possono pretendere qualcosa in cambio della trasparenza a loro imposta.

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A cominciare dalla fornitura delle buste di plastica per finire magari con la pubblicazione dei bilanci di AMA, la municipalizzata dei rifiuti, relativi al 2017 e al 2018 che non sono ancora stati approvati. Ma forse quella trasparenza non interessa molto a chi governa la Capitale. Dulcis in fundo c’è chi scomoda il Garante per la Privacy che nel 2005 aveva ritenuto non proporzionato «l’obbligo imposto da alcuni enti locali ad utilizzare sacchetti trasparenti per la raccolta “porta a porta”, perché chiunque si trovi a transitare sul pianerottolo o nell’area antistante l’abitazione può visionare agevolmente il contenuto».

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