Chi può chiedere il rimborso della TARI

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2017-11-13

Come fare a scoprire se il proprio Comune ha applicato tariffe gonfiate sulla TARI e se si ha diritto al rimborso? Dovrebbe essere tutto nella bolletta, altrimenti è necessario controllare il regolamento comunale. E per chiedere il rimborso c’è il rischio di dover fare ricorso alla Commissione tributaria

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I rimborsi della TARI? C’è il rischio che possano arrivare anche tra un anno e mezzo o due. A dirlo all’Adnkronos è l’avvocato tributarista Franco Muratori che ha spiegato che “la legge nazionale non era ambigua, era sotto gli occhi di tutti che la norma veniva applicata in modo non congruo, ma le segnalazioni non avevano seguito”. Inoltre dal momento che a bolletta Tari “è in generale poco trasparente e spesso risulta impossibile capire come l’ente abbia calcolato la tassa dovuta” e l’unica soluzione per i consumatori è presentare una richiesta formale al Comune (o alla società dei rifiuti) e solo in seguito fare ricorso.

Come verificare se si ha diritto a chiedere il rimborso della TARI

Se tutto andrà bene il rimborso potrebbe arrivare non prima di un anno dalla richiesta, sempre ovviamente che non si vada in appello. In quel caso i tempo potrebbero allungarsi ancora. È per questo motivo che il Dipartimento finanze del ministero dell’Economia emanerà in tempi molto brevi un documento di chiarimento sulle modalità di corretta applicazione della Tari. Un decreto che dovrebbe risolvere il caso esploso dopo l’interrogazione parlamentare di Giuseppe L’Abbate, deputato M5S, che si era accorto di un’anomalia commessa dal suo comune di residenza (Polignano a Mare) nel calcolo della TARI. Un errore che è dovuto proprio al modo in cui è composta la TARI che prevede oltre ad una quota fissa (calcolata in ragione della superficie dell’immobile) una quota variabile dovuta al numero di componenti del nucleo familiare.

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La rispota del MEF all’interrogazione di L’Abbate [Fonte]
Alcuni comuni però hanno sbagliato a fare questo calcolo interpretando in maniera erronea la legge attribuendo alle famiglie un componente del nucleo familiare “aggiuntivo” per ogni pertinenza aggiuntiva. Già nel dicembre 2014 un articolo del Sole 24 Ore parlava di «errori commessi dagli enti, per esempio nel calcolo della quota variabile delle utenze domestiche che va computata una sola volta a prescindere dal numero delle pertinenze […] La quota variabile va invece computata una sola volta, essendo l’utenza domestica riferita alla medesima famiglia». Chi ha un’abitazione con pertinenze (ad esempio un box auto) corre il rischio che alcuni comuni più svogliati e distratti abbiano gonfiato la tariffa dei rifiuti. Quest perché i comuni talvolta moltiplicano la quota variabile sia in relazione all’appartamento che alle eventuali pertinenze, determinando una tariffa notevolmente più elevata rispetto a quella che risulterebbe considerando la quota variabile una sola volta rispetto alla superficie totale.

Come chiedere il rimborso della TARI al proprio Comune

Nella risposta data dal MEF all’interrogazione di L’Abbate viene dichiarato che “la parte variabile della tariffa va computata solo una volta, considerando l’intera superficie dell’utenza composta sia dalla parte abitativa che dalle pertinenze situate nello stesso comune”. Per verificare se nel proprio Comune la Tari è stata calcolata in maniera errata basta prendere una bolletta della tassa rifiuti e controllare se nel riepilogo oltre all’utenza ‘domestica’ principale sono presenti altre voci ‘domestica-accessorio’ conteggiate più volte. Qualunque cifra riportata è illegittima. Nel caso però la bolletta non sia così trasparente si dovrà fare verificare – regolamento del Comune alla mano – come viene calcolata la TARI e rifare i calcoli “a mano” per vedere se si paga più del dovuto.

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TARI sbagliata: la tariffa rifiuti (Il Sole 24 Ore, 11 novembre 2017)

Una volta verificato se ci sono le premesse l’utente potrà fare richiesta di rimborso. Richiesta che – come ha sottolineato Muratori – potrebbe andare per le lunghe. Il contribuente ha cinque anni di tempo dal pagamento per chiedere il rimborso delle somme non dovute. A sua volta il Comune ha 180 giorni di tempo per ottemperare alla richiesta. Periodo al termine del quale – se non è ancora stato effettuato il rimborso – il contribuente ha la possibilità di impugnare il rifiuto di pagamento da parte del Comune facendo ricorso alla Commissione tributaria provinciale. Il decreto del Ministero del Tesoro mira quindi fare chiarezza su quali siano “le modalità per chiedere i rimborsi qualora un Comune non applichi la tassa in maniera corretta”. Tra i comuni interessati ci sarebbero RomaMilano, Genova, Ancona, Napoli, Catanzaro e Cagliari.
 
Foto copertina credits Wikipedia.org
 
 
 
 
 

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