Economia
Piaggio Aerospace: così il governo butta per strada mille operai
di Giovanni Drogo
Pubblicato il 2019-04-04
Il bisministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico aveva promesso che avrebbe rilanciato l’azienda anche tramite l’acquisto di otto droni per un importo di 250 milioni di euro (in realtà appena sufficienti a tirare avanti per qualche mese). Ma il Ministero della Difesa ha detto che quei droni sono inutili e così il grande piano di Di Maio non è riuscito a decollare. A terra non rimangono solo i droni ma anche 1.000 operai e le loro famiglie
Un altro grande successo del Governo del Cambiamento: scatta la cassa integrazione per 1.027 lavoratori di Piaggio Aerospace, in prevalenza dipendenti degli stabilimenti di Albenga e di Genova. Il commissario straordinario dell’azienda, Vincenzo Nicastro, ha fatto sapere che gli stipendi saranno coperti solo fino ad aprile. E poi? Poi avrebbero dovuto realizzarsi le promesse del governo. Giusto due sere fa il bisministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico Luigi Di Maio ribadiva in televisione l’importanza di salvaguardare il Made in Italy per poterlo esportare in tutto il mondo. A quanto pare il Made in Italy di Piaggio Aerospace non è quello cui pensa il ministro.
Quando il MISE voleva salvare Piaggio Aerospace con una commessa da 250 milioni
Che la Piaggio Aerospace non navigasse in buone acque era noto. A novembre scorso, quando il MISE aveva nominato il commissario Nicastro, Di Maio invitava i lavoratori ad avere fiducia “e pazientare ancora qualche giorno finché la situazione verrà sbloccata”. Il comunicato del Ministero faceva seguito ad una nota dei deputati del M5S che lodava il «fondamentale e tempestivo impegno di Di Maio per azienda e lavoratori». L’impegno del governo – ribadivano i pentatellati – «è quello di sostenere sempre tutte le imprese italiane, tutelare i lavoratori e assicurare il rilancio produttivo». Per questo motivo i dipendenti «meritano di avere risposte nel breve periodo per non rimanere a lungo nell’incertezza. Le competenze che rendono la produzione dell’azienda strategica nel nostro Paese devono essere salvaguardate».
In che modo Di Maio ha tentato di salvare la Piaggio? Con quella che Leonardo Tricarico su Huffington Post ha definito “un’operazione da Prima Repubblica”. L’idea di far acquistare dal Ministero della Difesa otto droni P.1HH (il drone è sostanzialmente la versione senza pilota del P180). Costo totale dell’operazione: 250 milioni di euro, di soldi pubblici. Il problema è che quei droni erano già pronti, quindi la commessa non avrebbe portato nuovo lavoro per gli operai che avrebbero dovuto solo montare le eliche (acquistate da fuori) e gli ingegneri procedere con la certificazione del progetto (costo: 70 milioni di euro). Si tratta infatti dei droni prodotti su impulso dell’azionista di maggioranza, il fondo sovrano degli Emirati Mubadala. Ma alla fine gli emiratini si sono tirati fuori e hanno disdetto l’acquisto. E così i velivoli sono rimasti negli hangar.
A questo va aggiunto il fatto che sostanzialmente quei droni non servono, un acquisto inutile perché alla Difesa servono altri sistemi e non un progetto considerato ormai datato. Piaggio Aerospace avrebbe avuto bisogno di un piano industriale, ma quello invece non c’è. Fin dal 2015 l’Aeronautica avrebbe dovuto acquistare i sistemi P.1HH. Il governo Gentiloni aveva annunciato un contratto da 766 milioni di euro, prima bloccato e poi ridotto a 250 milioni dal governo Conte. Sempre il governo precedente aveva pensato di stanziare 600 milioni per lo sviluppo di un drone di nuova generazione, il P.2HH, ma anche qui con l’arrivo del Governo del Cambiamento, le cose si sono bloccate.
La Difesa boccia il piano di acquisto dei droni
Eppure quei 250 milioni “una tantum” avrebbero se non altro dato una boccata d’ossigeno all’azienda. Ma dopo gli annunci del febbraio scorso il governo non ha ancora stanziato i fondi per l’acquisto. Ragione per cui le commissioni di Camera e Senato non hanno dato il via libera. A complicare le cose la posizione del Ministero della Difesa. Durante un’audizione in commissione al Senato il generale Alberto Rosso, Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica Militare, ha ribadito che il drone non è adatto alle esigenze dell’Aeronautica: «Non lo abbiamo mai preso in considerazione. È una macchina con capacità limitate». La ministra Elisabetta Trenta invece dopo una serie di dichiarazioni a sostegno del drone P.1HH ha fatto sapere che «la progettualità inizialmente presentata, ancorché valida nella sua sostanza ha visto venir meno alcune fondamentali condizioni abilitanti. Sono in corso approfondimenti mirati a ricercare ulteriori sinergie che permettano il proseguimento del programma nell’interesse nazionale».
Un vero e proprio stop al programma d’acquisto di quegli otto droni che per i 1.200 dipendenti di Piaggio Aerospace significa appunto la cassa integrazione. Certo, il ministero della Difesa ha lasciato la porta aperta ad una commessa per l’ammodernamento della flotta dei 37 P180 in servizio dal 1994, ma anche qui manca una vera e propria commessa, ci sono solo promesse di un impegno futuro. Promesse già fatte durante l’incontro al MISE del 26 febbraio e fin’ora rimaste lettera morta. All’epoca il Capo di Gabinetto ed ex deputato M5S Giorgio Sorial aveva dichiarato che «Il Governo e il MiSE hanno il massimo interesse nel rilanciare questa azienda che è diventata leader grazie al suo elevato livello di strategia e competenze tecniche» mentre il sottosegretario Davide Crippa aveva ribadito che «la conclusione del progetto HH, la sua sperimentazione e commercializzazione anche ai fini industriali, rimangono le scelte migliori». Dopo mesi di promesse e annunci (senza contare quelle fatte dai famigerati governi precedenti) Piaggio Aerospace rischia oggi la chiusura «un epilogo sconcertante e drammatico che prevede
l’apertura della procedura per la messa in cassa integrazione da maggio di 1030 lavoratori» ha dichiarato il Segretario della CGIL Maurizio Landini.
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