Il salvataggio con spezzatino di Pernigotti

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2019-08-06

Dopo le varie fughe del ministro arriva la soluzione per l’azienda in crisi. Che verrà spezzata in due rami

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Risale a novembre scorso la doccia fredda per i 92 lavoratori dello stabilimento Pernigotti di Novi Ligure che dopo l’incontro tra i sindacati e i rappresentanti del gruppo turco Toksoz, proprietario della storica azienda dolciaria, appresero la decisione “definitiva” di fermare le macchine dello stabilimento. La situazione dell’azienda approdo’ quindi sul tavolo del ministero dello Sviluppo, e dopo mesi di trattative è stata finalmente trovata la quadra con una soluzione ‘spezzatino’, dividendo cioè i rami d’azienda: la cooperativa torinese Spes rilevera’ quello che produce il cioccolato e il torrone, e l’imprenditore Giordano Emendatori, invece, quello relativo ai preparati per i gelati.

Il salvataggio con spezzatino di Pernigotti

Un accordo che garantisce dunque la continuità operativa del sito dopo che dal 2013, anno in cui aveva rilevato il marchio, la proprieta’ aveva accumulato debiti per ben 13 milioni di euro l’anno. Nel febbraio scorso, si era arrivati poi all’istanza di cassa integrazione per reindustrializzazione. Si apre così una nuova stagione per il Gianduiotto piemontese. La storica fabbrica della Pernigotti a Novi Ligure (Alessandria) riprende quindi una tradizione dolciaria che vanta 160 anni di storia. E la diffusione su scala globale di gianduiotti, torroni e cremini piemontesi. Tutto ebbe inizio nel 1860, quando Stefano Pernigotti apri’ nella piazza del Mercato, a Novi Ligure, una drogheria specializzata in ‘droghe e coloniali’, famosa in tutta la zona (parliamo degli anni in cui Torino e’ capitale d’Italia) per la produzione di un pregiato torrone.

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