Perché il reddito di inclusione non basta

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2017-08-30

Fino a 490 euro a famiglia per il nuovo strumento licenziato dal governo, che arriverà a 500mila nuclei. Ma i poveri in Italia sono molti di più. Lo stanziamento del governo va a toccare solo una piccola parte di chi ne avrebbe necessità

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Ieri il governo Gentiloni ha definitivamente approvato il reddito di inclusione: dal primo dicembre prossimo 500 mila famiglie in difficoltà potranno fare domanda all’Inps per ottenere, dal primo gennaio 2018, un assegno mensile — caricato sulla carta acquisti — che va da 188 a quasi 490 euro , a seconda dei requisiti, per un periodo massimo di 18 mesi, rinnovabile dopo uno stop di 6 mesi.

Perché il reddito di inclusione non basta per la povertà in Italia

Il reddito di inclusione, una goccia nel mare della povertà italiana, è nato grazie al riordino, da parte del governo, delle prestazioni di natura assistenziale con il rimpiazzo di due strumenti esistenti: Sia e Asdi. Le risorse stanziate sono circa 2 miliardi all’anno dal 2018. Come fa notare Luciano Cerasa sul Fatto, il governo ha rimesso sul piatto della lotta alla povertà gli stessi 1,7 miliardi stanziati dalla legge di Bilancio 2017 per il 2018 per strumenti finanziati dal 2016.

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Il reddito di inclusione e chi ne ha diritto (La Repubblica, 30 agosto 2017)

I beneficiari vanno individuati tra le famiglie con figli minorenni, figli con disabilità (anche maggiorenni), donne in gravidanza, disoccupati con almeno 55 anni, che hanno un Isee non superiore a 6 mila euro, un valore del reddito entro i 3 mila euro, un patrimonio immobiliare mai sopra i 20 mila euro (esclusa la prima casa) e in banca non più di 10 mila euro in depositi e conti correnti (ridotti a 8 mila euro per la coppia e a 6 mila euro per la persona sola). Questi quattro requisiti economici devono essere presenti tutti congiuntamente.

Come funziona il reddito di inclusione e a chi spetta

Per ottenere l’aiuto economico bisogna aderire ad un progetto personalizzato per uscire dalla povertà, che preveda partecipazione sociale (ad esempio, per la frequenza scolastica) e reinserimento lavorativo. La domanda per ottenere il REI deve essere presentata, a partire dal primo dicembre prossimo, presso i punti di accesso che verranno organizzati dai singoli Comuni. Il Comune raccoglie la domanda, verifica i requisiti di cittadinanza e residenza e la invia all’Inps entro 10 giorni lavorativi. L’Inps risponde poi entro 5 giorni. E, in caso di esito positivo sui requisiti, riconosce il beneficio.

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La povertà in Italia (La Repubblica, 30 agosto 2017)

Basta confrontare i dati dell’Istat per capire che il REI non è in grado di coprire nemmeno la metà delle persone in condizione di povertà assoluta. Per tacere dei  2 milioni 734 mila le famiglie in condizione di povertà relativa (con un’incidenza pari a 10,6% tra tutte le famiglie residenti), per un totale di 8 milioni 465 mila individui (pari al 14,0% dell’intera popolazione). Il problema di fondo già sottolineato in altre occasioni però rimane: lo stanziamento del governo va a toccare soltanto una piccola parte di chi ne avrebbe la necessità. In poche parole il REI non basta per la povertà in Italia. Questo a dire il vero lo si sapeva già lo scorso anno (visto che i numeri sono stabili). Quello che invece si può dedurre dal rapporto 2017 dell’Istat  è che se non si mette mano alla situazione di  quel milione e 292mila minori che vivono in condizioni di povertà assoluta il rischio è quello di condannare a crescere in povertà una parte importante della società italiana del futuro.

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