Nel palazzo occupato da Casapound a via Napoleone III nessuno è indigente

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-06-05

Come sostiene la Procura, all’interno del palazzo di proprietà del Demanio non ci sarebbe traccia di indigenti veri e propri

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Non ci sono indigenti nel palazzo occupato da Casapound a via Napoleone III. E quindi questo potrebbe accelerare le procedure di sgombero dopo il sequestro che è stato deciso dal GIP di Roma su richiesta della procura per un’indagine per occupazione di suolo pubblico e incitamento all’odio razziale che coinvolge 16 esponenti dei Fascisti del Terzo Millennio. Spiega oggi Il Messaggero:

L’atto istruttorio non comporta l’immediato sgombero del palazzo, dove vivono da anni nuclei familiari composti da militanti – praticamente tutti percepiscono un regolare reddito, non sono disagiati – e che dalla prossima settimana passerà nella disponibilità del tribunale capitolino. Le procedure verranno gestite dal Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza, che dovrà coordinarsi con la Procura. Per il momento, si cerca un’intesa: la speranza è che i militanti si allontanino pacificamente. Ma la questione rischia di andare per le lunghe.

L’uscita di Casapound dal palazzo occupato 16 anni fa e ormai simbolo di una forte presenza nella Capitale difficilmente si concretizzerà in un blitz lampo, a meno che, nel frattempo, si trovi una exit-strategy più o meno indolore. Il movimento non ha nessuna intenzione di lasciare: politicamente sembrerebbe una resa. Ma anche scatenare la guerriglia in caso di resistenza a oltranza non renderebbe una bella immagine di un partito che, rispetto ad altri movimenti dell’ultradestra, ha sempre dimostrato di tenere un profilo più dialogante.

casapound

Di Stefano, vicepresidente di Casapound, ieri in una conferenza stampa improvvisata sul marciapiede di via Napoleone III, davanti ai cronisti e alle telecamere, ha subito messo le cose in chiaro: «Non sapevamo nulla di questo sequestro, perché proprio noi e non altre occupazioni? È una questione politica. Faremo ricorso». Il leader ha anche sottolineato «l’intenzione di restare, se si vuole trovare una soluzione, questo è un palazzo pubblico e, dunque, si può assegnare alle persone che sono qui dentro». Soluzione che difficilmente il Campidoglio potrebbe accettare, anche perché, come sostiene la Procura, all’interno del palazzo di proprietà del Demanio non ci sarebbe traccia di indigenti veri e propri.

Repubblica pubblica invece un identikit degli occupanti:

Iannone è tra gli occupanti abusivi dello stabile, nonostante un reddito di 14.313 dichiarato nel 2017 in quanto dipendente della società Mag che gestisce il suo ristorante Osteria Angelino, a due passi dal Colosseo. «Non so niente dell’inchiesta, non mi hanno notificato niente», taglia corto. Accanto a lui Andrea Antonini, vicepresidente di Casapound. Non proferisce verbo. Ancora a gennaio si accaniva contro la telecamera di una giornalista ad Acca Larentia: denunciato per violenza privata. Più loquace Alberto Palladino, condannato in via definitiva a 2 anni e 2 mesi per aggressione ad alcuni sostenitori del Pd. Durante gli scontri di piazza Navona del 2008 venne accusato di essere un infiltrato della polizia.

«Mi chiamò Beppe Grillo in persona per chiedermi scusa, perché temeva gli chiedessi i danni. Magari avessi registrato quella telefonata…». Anche lui vive in questo palazzo, che da 17 anni è una spina nera piantata nella carne del quartiere multietnico di Roma: fotoreporter con partita iva, dipendente della Mag e reddito di 12.411 euro, secondo un’indagine della finanza che nel 2017 ha sbugiardato la narrazione di CasaPound. Tra gli inquilini, infatti, non ci sono solo «anziani, bambini e persone con handicap», ma anche dipendenti pubblici, alcuni di Roma Capitale.

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