Perché Padoan si inca..a quando gli chiedono della proposta di Renzi

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2017-07-11

Il ministro dell’Economia sbotta con un eloquentissimo “Madonna santa, ca..o” all’ennesima domanda sulla proposta di tagliare le tasse in deficit  avanzata da Matteo Renzi nel suo libro “Avanti”. L’evidente nervosismo del titolare di via XX Settembre è spiegabilissimo…

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L’agenzia Vista ha pubblicato su Youtube questo meraviglioso video in cui si vede Pier Carlo Padoan sbottare con un eloquentissimo “Madonna santa, cazzo” all’ennesima domanda sulla proposta di tagliare le tasse in deficit  avanzata da Matteo Renzi nel suo libro “Avanti”. L’evidente nervosismo del ministro dell’Economia è senz’altro dovuto al fatto che tutti i giornalisti, durante la conferenza stampa a margine della riunione dell’Ecofin a Bruxelles, gli hanno fatto domande sull’argomento. Ma forse c’è anche qualcosa in più.

Perché Padoan si incazza quando gli chiedono della proposta di Renzi

Prima dell’episodio “incriminato” infatti Padoan non si è sottratto all’argomento, anche se ha risposto in maniera molto diplomatica e le sue repliche sono da interpretare. Prima il ministro ha continuato a ribadire che si tratta di un tema che riguarda la prossima legislatura e non questa, sottraendosi così di fatto alla replica nel merito. Poi però ha risposto e la sua replica ci fornisce molte interpretazioni: “Da capo economista dell’OCSE, ex capo economista dell’OCSE e chissà, forse futuro economista dell’OCSE, le posso dire che esercizi di questo tipo fanno, si analizzano in vari modi. Non tanto da ex capo economista dell’Ocse, ma da attuale ministro dell’Economia, dico che sono pienamente d’accordo con l’idea che il debito si abbatte con la crescita e che di conseguenza lo spazio fiscale disponibile a un Paese deve essere utilizzato avendo in mente questo obiettivo, cioè quali sono le misure che sostengono la crescita meglio di altre”.
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In primo luogo Padoan ha detto che in futuro tornerà a fare l’economista dell’OCSE, e questo, visto che il governo Gentiloni è a scadenza, ci dice molto sul fatto che non ritenga di avere chances di essere riconfermato nel suo ruolo anche in caso di eventuale vittoria della maggioranza che oggi governa. D’altro canto l’ultima proposta di Padoan – quella di aumentare l’IVA per tagliare le tasse ai lavoratori – è stata bocciata dal Partito Democratico quando era ancora allo stato embrionale. In secondo luogo la risposta di Padoan sembra dare ragione a Renzi quando dice che il debito si abbatte con la crescita ma non dice che la proposta di Renzi sostiene la crescita meglio di altre.

Tagliare le tasse in deficit

A parte la risposta di Padoan, c’è soprattutto un però grande come una casa per la proposta di lasciare il deficit salire al 2,9% per almeno cinque anni consecutivi. Ovvero:

Gli economisti di scuola keynesiana indicano negli investimenti pubblici, quando la domanda è scarsa, uno strumento di gran lunga più efficace dello sconto fiscale. Il loro effetto sul Pil sarebbe doppio o addirittura triplo, grazie a un circolo virtuoso fatto di nuovi redditi, nuovi consumi e nuovi investimenti privati. In genere – dicono – 100 euro di detassazione possono generare al massimo 80 euro di Pil, mentre gli stessi 100 euro investiti arriverebbero a creare 200-300 euro.
Se fosse così, i 30 miliardi annui di tasse in meno proposti da Renzi produrrebbero ogni anno circa 24 miliardi di ricchezza in più nel paese, con un aumento del Pil di quasi un punto e mezzo. Molto meno di quanto, almeno sulla carta, potrebbero produrre nel caso fossero investiti. In queste condizioni, non ci sarebbero dubbi su quale strumento preferire. Anche perché, almeno in teoria, lo stesso rapporto debito-Pil sarebbe destinato a scendere grazie alla crescita.

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Il rapporto deficit/PIL dell’Italia (La Repubblica, 11 luglio 2017)

Il punto è che gli agenti economici hanno una razionalità: se i consumatori e gli investitori privati – dicono alcuni economisti – si convincono che lo Stato sarà costretto prima o poi a tassarli per contenere un debito in continua salita, allora saranno restii a consumare e a investire.

Insomma, sia che quei 30 miliardi finiscano tutti in sgravi fiscali, sia che vengano investiti in infrastrutture, la condizione perché producano crescita vera nel paese è che lo Stato dia prova di saper ridurre il suo debito. Che non pensi che basti la speranza di un aumento del Pil a ridurre come d’incanto quel peso abnorme. Con un deficit a ridosso del 3% e con gli attuali interessi da pagare, difficilmente quel debito potrebbe scendere.

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