Ma davvero la sentenza della CEDU sull’ergastolo ostativo mette a rischio il 41-bis?

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2019-10-08

Secondo il Presidente della Commissione Antimafia Morra la sentenza della Corte EDU apre la strada ai ricorsi di altri boss mafiosi e mette a rischio il 41-bis. Morra non dice che di quei ricorsi ce n’è già una ventina a Strasburgo e che il 41-bis non è davvero a rischio

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La Gran Chambre della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (che è espressione del Consiglio d’Europea e non dell’Unione Europea) ha respinto il ricorso dell’Italia contro la sentenza che aveva bocciato l’ergastolo ostativo. Il cosiddetto “fine pena mai” che viene comminato in particolari casi, come ad esempio i condannati per terrorismo o per associazione mafiosa. Come previsto dall’articolo 4 bis del codice penitenziario a queste persone è preclusa la possibilità di accedere ai benefici penitenziari come ad esempio la riduzione della pena ma anche la possibilità di lavorare all’esterno o i permessi premio.

Che cosa ha deciso la CEDU riguardo all’ergastolo ostativo

Chi è condannato all’ergastolo ostativo non può quindi ottenere sconti di pena salvo in un caso: quello in cui diventa collaboratore di giustizia. Per la CEDU l’Italia deve rivedere l’istituto dell’ergastolo ostativo perché è in violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti umani, che stabilisce che «nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti
inumani o degradanti». Perché, sostiene la Corte, è vero che un detenuto può pentirsi e collaborare con la giustizia per poter “migliorare” la sua condizione ma è anche vero che in alcuni casi quella scelta potrebbe non essere così libera. Ad esempio un condannato potrebbe scegliere di non collaborare con i magistrati per timore di ritorsioni nei confronti della propria famiglia.

luigi di maio 41 bis ergastolo ostativo - 1

È pur sempre vero che parliamo di persone che in un modo o nell’altro hanno scelto di intraprendere un percorso criminale. In particolare per quanto riguarda i condannati per mafia ed i mafiosi si parte dall’assunto che queste persone rimangano per sempre fedeli all’organizzazione criminale. Per questo motivo nei casi di condanna all’ergastolo per loro il carcere è per sempre nel vero senso della parola.

La CEDU non si è espressa sul 41-bis

Ci sono però alcune cose da ricordare: la prima è che la sentenza della Corte di Strasburgo non è vincolante per l’Italia. Non c’è alcun obbligo per il nostro Paese di riformare il sistema carcerario sulla base di questa decisione. Al tempo stesso la sentenza non stabilisce che Marcello Viola (condannato all’ergastolo per associazione a delinquere di stampo mafioso, sequestro di persona e omicidio) debba essere liberato o gli debbano essere concessi dei benefici. E non si può nemmeno sostenere che la sentenza aprirà la strada ad altri ricorsi: perché al momento sono già 24 le istanze simili all’esame della CEDU. Ad esempio a giugno dello scorso anno ha ammesso il ricorso di Filadelfo Ruggeri, condannato all’ergastolo per mafia e detenuto al 41-bis perché colpevole di associazione mafiosa. Inoltre, come spiegava ieri il Post anche in Italia esiste un dibattito sull’ergastolo ostativo e sono già stati avviati (fino ad ora senza successo) tentativi di riforma.

Secondo il Presidente della Commissione Antimafia Nicola Morra la sentenza della CEDU mette a rischio il 41-bis, il regime carcerario nel quale al detenuto sottoposto a regime di isolamento è vietata qualsiasi comunicazione con l’esterno. Ma per la verità la CEDU non si è espressa sul cosiddetto “carcere duro” per i mafiosi ma solo sull’articolo 4bis, che è altra cosa. Per Matteo Salvini si tratta di una «ennesima follia ai danni dell’Italia dalla Corte dei diritti umani di Strasburgo. Dovremmo essere più gentili con ergastolani, mafiosi e assassini? Mai. Per quanto riguarda me e la Lega il carcere a vita per i peggiori delinquenti non si tocca». Quando Salvini parla di “assassini” però commette un’imprecisione fondamentale perché anche chi è condannato per omicidio può accedere ai benefici di legge a patto che non rientri nelle fattispecie previste dall’articolo 4bis.

Per il presidente emerito della Corte Costituzionale il 41-bis è a rischio

In sostanza la CEDU invita l’Italia a riformare l’ergastolo. Secondo Cesare Mirabelli, presidente emerito della Corte Costituzionale, non si tratta di una sconfitta per la giustizia: «È una sentenza che c’era già stata a giugno scorso e questa è solo una conferma, dovevamo aspettarcelo». All’AGI Mirabelli spiega che la sentenza non mette a rischio il 41-bis come invece sostiene Morra dal momento che «la Corte di Strasburgo decide sui singoli casi  certo dovrà essere rivista la disciplina del 41 bis, ma niente di allarmante. Il 41 bis – sottolinea – potrebbe essere rivisto sulla base di un principio di personalizzazione dei casi».

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Secondo Mirabelli però c’è un punto poco chiaro della decisione della CEDU ed è «se la decisione esclude con un divieto assoluto o se possa esserci una valutazione del giudice, caso per caso». E Un altro punto rilevante – prosegue Mirabelli – è quello riguardante l’ergastolo. C’è chi ritiene che l’ergastolo non sia compatibile con la funzione rieducativa del carcere e l’ergastolo ormai è solo un parametro: è raro che venga scontata la pena dell’ergastolo proprio per i benefici dati ad esempio per buona condotta». Questo naturalmente ad eccezione di coloro cui l’accesso a quei benefici è impedito. Va inoltre ricordato che già i famigliari del boss Bernardo Provenzano fecero ricorso al CEDU proprio cotnro il 41-bis ma quando l’Italia venne condannata la CEDU si espresse non tanto sulla misura detentiva ritenendo avesse “finalità preventive e di sicurezza e non punitive” ma solo sul fatto che il regime carcerario fosse stato rinnovato in “modo burocratico” senza una valutazione autonoma delle condizioni del detenuto.

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