Economia
Napoli, Torino Roma: i comuni in predissesto
di neXtQuotidiano
Pubblicato il 2017-09-07
La mappa delle città rimaste senza soldi. E i rischi nelle città di Raggi, Appendino e De Magistris
Si ha il dissesto di un Comune quando quest’ultimo non è più in grado di pagare i suoi debiti verso terzi con un riequilibrio di bilancio o con i debiti fuori bilancio. In caso di dissesto il Presidente della Repubblica nomina un organo apposito che si occupa di estinguere i debiti. L’ente deve essere risanato in cinque anni. Durante questi ultimi il Comune non può contrarre mutui, non può impegnare somme superiori a quelle previste nell’ultimo bilancio approvato. Imposte e tasse locali, tranne la tassa per lo smaltimento dei rifiuti, vengono automaticamente innalzate al massimo delle aliquote. Gli amministratori vengono indagati. E, racconta oggi Paolo Baroni sulla Stampa, a rischiare il dissesto – e ad essere tecnicamente in predissesto – ci sono anche città illustri: Napoli sembra non farcela a rispettare i piani di rientro pattuiti nel 2012, anche a Torino i conti non tornano e la Corte dei Conti ha già sollecitato adeguate contromisure. E poi c’è Roma, dove il debito monstre dell’Atac (1,3 miliardi) rischia di far saltare anche i conti dell’azionista Comune.
Per quanto riguarda Torino, spiega Andrea Rossi, la situazione è critica:
Appendino ha già fatto sapere di non essere disposta a scelte drastiche: «Non posso tagliare 200 milioni in un anno. Non riusciremmo più a garantire servizi essenziali ai cittadini». Con assessori e tecnici, sta predisponendo il piano da inviare in Corte dei Conti. Un documento che dovrà tenere conto di altre osservazioni, come la contrarietà all’utilizzo di entrate straordinarie a copertura delle spese correnti cui invece la sindaca ha fatto pesantemente ricorso nel bilancio 2017. La riscossione, al momento, è molto indietro, basti pensare che a giugno la Città aveva incassato soltanto 7 dei 48 milioni di permessi per costruire. È una situazione delicata che probabilmente imporrà ad Appendino di rivedere pesantemente al ribasso le cifre. E a trovare soluzioni alternative. Come le cessioni societarie.
Poi c’è Napoli. gravata da un’eredità di malagestione pesantissima si trova in stato di predissesto dal 2013.
Il piano di riequilibrio, che prevedeva il risanamento nel giro di 10 anni, è stato rivisto più volte. La Corte dei Conti a metà luglio ha individuato altri 2,2 miliardi di euro di possibile ulteriore buco nel biennio 2015-2016. E i revisori dei conti comunali usano parole durissime: «Allo stato – hanno scritto in una relazione consegnata l’8 agosto scorso al sindaco Luigi De Magistris – non ci sono le condizioni per attuare il percorso di graduale risanamento dell’ente volto a superare gli squilibri strutturali di bilancio».
Infine c’è Roma, dove il Comune guidato da Virginia Raggi è formalmente tenuto ad approvare il primo bilancio consolidato di Roma Capitale, che metterà insieme il rendiconto del Comune e quello delle società partecipate, compresa Ama, la società che gestisce il servizio dei rifiuti, e Atac, l’azienda del trasporto pubblico. Si tratta di una scadenza decisiva, come ha puntualizzato la presidente dei revisori dei conti capitolini Federica Tiezzi in una serie di interviste, senza l’approvazione del bilancio consolidato il rischio di dissesto finanziario di Roma è fortissimo. E per rispettare la legge serve che il consolidato non contenga contenziosi in atto tra il Comune e le sue partecipate.