Perché Luca Casarini potrebbe diventare il peggior nemico di Salvini

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2019-03-23

Se i giudici dovessero stabilire che la Libia non ha un porto sicuro, questa tesi creerebbe un precedente giuridico del quale si dovrà tener conto in futuro, con buona pace delle direttive e messe dal Viminale

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Il capomissione della Ong Mediterraneo Luca Casarini è stato iscritto nel registro degli indagati dai pm di Agrigento che ieri lo hanno interrogato. Casarini è indagato per concorso in favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e mancato rispetto dell’ordine di arrestare l’imbarcazione da parte di una nave da guerra. L’inchiesta è condotta da Salvatore Vella e dal pubblico ministero Cecilia Baravelli. Ma c’è un risvolto dell’inchiesta penale che potrebbe influenzare tutta la strategia di Matteo Salvini sulle ONG e sui porti chiusi.

Perché Luca Casarini potrebbe diventare il peggior nemico di Salvini

Spiega infatti oggi Antonio Massari sul Fatto che  al di là del soccorso – che fonti investigative hanno definito non soltanto “corretto” ma anche “meritorio ”– Mediterranea sta raggiungendo un secondo scopo che, sotto il profilo giuridico, potrebbe risultare ulteriormente incisivo: minare dalle fondamenta l’obbligo di “restituire”ai libici i naufraghi salvati nelle loro acque.

Per capirlo bisogna partire proprio dall’iscrizione di Casarini nel registro degli indagati. La frase chiave per comprendere l’addebito del reato, in estrema sintesi, è questa: “Ho condiviso in modo operativo tutti gli ordini del comandante”. Nel momento in cui Casarini si è addebitato il concorso nella condotta incriminata, l’iscrizione è scattata automaticamente.

In qualità di capo missione, però, Casarini è in condizioni di motivare le sue scelte sotto il profilo ideologico. I titolari del fascicolo hanno chiesto se la motovedetta libica, che ha raggiunto la Mare Jonio quando aveva già tratto in salvo i 50 migranti, abbia dato all’equipaggio italiano l’indicazione di un porto sicuro.Risposta negativa. Quindi ha chiesto a Casarini se la Mare Jonio abbia chiesto ai libici di indicare un porto sicuro. “Non l’abbiamo chiesto –risponde Casarini –e se anche l’avessero indicato non avrei mai acconsentito allo sbarco dei migranti in Libia. Per me –ha aggiunto –il reato sarebbe stato quello di consegnarli a loro. La Libia non ha alcun porto sicuro per quanto ci riguarda”.

La Procura di Agrigento vuol far luce innanzitutto su questo punto: la Libia ha un porto sicuro?

Se la Libia non è un porto sicuro

L’argomento è solo in apparenza capzioso:  se la Procura guidata da Luigi Patronaggio dovesse stabilire che la Libia non ha un porto sicuro, questa tesi creerebbe un precedente giuridico del quale si dovrà tener conto in futuro, con buona pace delle direttive e messe dal Viminale e anche dell’esistenza di una Guardia Costiera libica.

Per concorso negli stessi reati era infatti stato iscritto nel registro degli indagati Pietro Marrone, che ha risposto alle domande dei magistrati ricostruendo le fasi del soccorso, mentre Casarini è stato oggi ascoltato per oltre sette ore, ma solo in qualità di testimone, presso la brigata della Guardia di finanza di Lampedusa. Durante la deposizione-fiume – davanti al procuratore aggiunto di Agrigento, Salvatore Vella, e al pubblico ministero Cecilia Baravelli – Casarini ha però reso dichiarazioni indizianti per se stesso e, come prevede il codice, l’esame è stato interrotto.

Il capo missione di Mediterranea è stato già convocato per la prossima settimana in procura, a Agrigento, dove verrà ascoltato in qualità di indagato, alla presenza dei suoi avvocati. E sempre come prevede il codice avrà possibilità di avvalersi della facoltà di non rispondere. “Io non ho violato alcuna legge e ho rispettato tutte le convenzioni internazionali. C’è qualcuno che invece sta violando le leggi sulla base di un mandato a tempo”, dice Casarini. “Vediamo se è più criminale chi salva vite e le porta in un porto sicuro o chi le respinge e le costringe ad andare nei campi di concentramento in Libia o a morire in mare”.

Questa indagine, dice ancora il capo missione della Mare Jonio, “è una grande occasione per poter finalmente affrontare in una sede giudiziaria, senza ideologie e senza propaganda, il grande tema del salvataggio delle vite in mare che è superiore di fronte a qualsiasi decreto. Produrremo qualsiasi elemento utile a far chiarezza, perché la Libia non ha una zona Sar e perché la Libia non è un porto sicuro. E’ un paese – conclude Casarini – dove migliaia di persone sono detenute nei campi di concentramento e sottoposte a torture”.

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