Economia
Il bonus di Renzi: da 20 a 50 euro agli incapienti
di Alessandro D'Amato
Pubblicato il 2015-04-12
Il tesoretto che l’esecutivo ha “trovato” sarà destinato a lavoratori, pensionati e autonomi poveri, esclusi dagli 80 euro. Partirà da maggio, in tempo per le Regionali. Le tre ipotesi allo studio del governo
Il governo Renzi sta pensando di destinare il famoso (o famigerato) tesoretto ottenuto rimandando la discesa del deficit alla classe di lavoratori più povera, precedentemente esclusa dal provvedimento degli 80 euro dello scorso maggio. Da questo mese quindi un bonus da 20 a 50 euro mensili entrerà nelle tasche della categoria di lavoratori “poveri” più svantaggiati, secondo quanto è allo studio dell’esecutivo. Repubblica riepiloga in una tabella le tre ipotesi di studio:
IL BONUS DI RENZI: DA 20 A 50 EURO AGLI INCAPIENTI
Secondo il quotidiano il governo starebbe pensando di destinare gli 1,6 miliardi del tesoretto ai circa 10 milioni di lavoratori dipendenti, pensionati e autonomi che non hanno percepito il bonus da 80 euro, che spettava, come ricorderete, ai lavoratori dipendenti con reddito tra gli 8mila e i 26mila euro all’anno:
L’operazione bonus-bis, esaminata da un rapporto flash della Uil servizio politiche economiche, presenta almeno tre opzioni e tre diversi “pesi” del beneficio a seconda delle scelte politiche che si faranno e della platea che si vorrà coinvolgere. La prima, più estesa, prevede che tutti coloroche guadagnano meno di 8.000 euro annui abbiano il bonusda maggio a dicembre (un po’ come andò lo scorso annocon il bonus di 80 euro). In questo caso dipendenti (8.100 di reddito annuo), pensionati (7.750 di reddito annuo) e autonomi (sono incapienti quelli sotto 4.800 euro annui) avrebbero diritto al bonus. Si tratta di 10 milioni di soggetti che riceverebbero 160 euro da maggio a dicembre, ovvero 20 euro al mese. Un quarto del bonus da 80 euro, ma per soggetti che guadagnano circa 400-600 euro al mese si tratterebbe di un incremento del salario del 3-5 percento. Se la platea fosse limitata solo ai lavoratori dipendenti epensionati incapienti (6,9 milioni), il bonus salirebbe a 230 euro annui, circa 29 euro al mese. Se invece si circoscrivesse ancora di più la popolazione ai soli lavoratori dipendenti, circa 3,8 milioni, il bonus maggio-dicembre salirebbe a quota 415 euro, 52 euro netti al mese.
Un’altra ipotesi allo studio dell’esecutivo è quella di destinare il tesoretto alla SIA, ovvero, al sostegno per l’inclusione attiva che funziona nel sud e in dodici città metropolitane. La SIA è destinata a famiglie con figli in estremo disagio e un reddito ISEE inferiore ai 3mila euro annui, oppure a quelle che hanno totalizzato un reddito di 4mila euro nei sei mesi precedenti. Atttualmente si tratta di un sussidio pari a 312 euro, che potrebbe essere esteso su tutto il territorio nazionale e beneficiare cinque milioni di famiglie. Spiega il Corriere:
Il governo non ha scoperto le sue carte ma il Piano nazionale di riforme, contenuto nel Def (Documento di economia e finanza), prevede, tra l’altro,l’estensione della sperimentazione del «Sia» (Sostegno per l’inclusione attiva), un programma sperimentale varato dal governo Letta come misura di «contrasto alla povertà» che offre contributi e servizi alle famiglie in difficoltà. Il punto sono i numeri: nel 2007 a vivere in condizioni di miseria estrema erano circa 3 milioni di cittadini, oggi sono il doppio. Il progetto Sia, nelle mani del ministro del Welfare, Giuliano Poletti, a causa delle risorse limitate, fino a oggi è riuscito a erogare piccoli contributi (da 230 a 400 euro) a pochi nuclei disagiati in solo 12 città. Da qualche tempo l’«Alleanza contro la povertà», un cartello di 33 soggetti (tra i quali Acli, Cgil, Cisl eUil, Sant’Egidio, Anci, Confcooperative,Banco Alimentare e Conferenza delle Regioni) ha avanzato una proposta: «Il governo dovrebbe avviare un Piano nazionale pluriennale — dice Cristiano Gori, coordinatore scientifico dell’Alleanza —.Con 1,6 miliardi nel primo annosi può aiutare il 30% dei poveriassoluti: 1,2 miliardi sonocontributi diretti e 400 milionivanno a Comuni e terzo settoreper servizi di inclusione socialee lavorativa. Con i soldi si tamponaun bisogno, con i servizisi riprogetta l’esistenza».
LA TERZA IPOTESI
La terza ipotesi invece è destinare il “bonus” all’attuazione delle riforme già in atto. L’obiettivo è indicato, per quanto a grandi linee, nello stesso Def che nel Programma di Stabilità suggerisce come utilizzare il margine da 1,6 miliardi portato in dote dall’aumento del deficit. “Nel 2015, lo spazio di manovra rispetto all’indebitamento tendenziale di circa 0,1 punti percentuali di Pil, anche in considerazione del particolare contesto macroeconomico, sarà utilizzato per rafforzare l’attivazione delle riforme strutturali già avviate”, si legge.
Foto da: Bonsaitv