Il tesoretto di Matteo

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2015-04-11

Il premier si tiene in tasca la carta del bonus da spendere. Che ammonta a 1,6 miliardi quest’anno e 6,4 il prossimo. Forse per un intervento sulla povertà. Da attuare nella legge di stabilità. Ma annunciandolo per le elezioni

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Il Documento di Economia e Finanza vede la luce alle 10 di sera di ieri e alla fine del bonus o tesoretto non se ne fa nulla. Nel senso che il governo decide di non destinare, per ora, quell’importo di 1,5 miliardi che secondo le cronache della giornata avrebbe potuto impegnare un decreto legge per spalmarlo sul welfare. Il tesoretto, tanto per usare un’espressione sfortunata e cara alla politica prima dell’avvento di Renzi, rimane lì. Ma da dove spuntava? Tutto parte dalla crescita del PIL per il 2015, che è stata rivista al rialzo di uno zero virgola (0,7% in luogo di 0,6%), e dal rapporto deficit/PIL che viene alzato al 2,6%: così si liberano 1,6 miliardi da impiegare per sostenere la crescita.
 
IL TESORETTO DI MATTEO RENZI
Tenersi la carta in tasca in attesa di (buone) nuove dall’economia sembra essere la scelta precipua del governo. Che così potrebbe anche avere qualcosa da giocarsi nel caso che la decontribuzione vada verso un boom in parte imprevisto, anche se i numeri non sembrano per adesso essere clamorosamente positivi, anzi. Il “bonus” (questo il nome scelto dal governo) era in realtà già scritto tra le righe nelle tabelle del Programma di stabilità, messo a punto ed esaminato dal Cdm martedì scorso, ma solo oggi è salito a galla. Per conoscerne la destinazione bisognerà però attendere ancora “qualche settimana”, anche se qualcosa è già trapelato. O quantomeno può essere intuito dalle dichiarazioni di molti esponenti del Pd, da Roberto Speranza a Filippo Taddei a Cesare Damiano. Il premier le ha definite solo “ipotesi”, ma la più accreditata è quella di un possibile intervento sul welfare. Magari con un sorta di 80 euro anche per gli incapienti, uno dei progetti a cui il governo ha sempre tenuto di più, ma che per carenza di risorse non è riuscito finora a realizzare. Oppure con una misura specifica sulla povertà e un equivalente del “reddito di cittadinanza” voluto dal Movimento 5 Stelle. Certo il Def punta a spingere la crescita, con interventi sui cittadini. Renzi lo ribadisce: ”Non ci sono tasse nuove, anzi è finito il tempo delle tasse da aumentare. E’ un punto fondamentale, chiaro, centrale per il Paese. Dobbiamo far sì che i sacrifici non li facciano più i cittadini, semmai qualche politico o amministratore a vari livelli”. Il “bonusDef”, come è stato ribattezzato su Twitter, arriva dal margine di manovra che il governo si è voluto volontariamente lasciare sul deficit di quest’anno. Il quadro tendenziale a legislazione vigente evidenzia infatti nel 2015 un rapporto deficit/Pil del 2,5%. Tuttavia, il quadro programmatico, quello cioè a cui punta l’esecutivo, riporta un indebitamento pari al 2,6%. Quello 0,1% equivale proprio a circa 1,5/1,6 miliardi di euro. La stessa cifra di cui – forse non casualmente – ha parlato poche settimane fa il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, annunciando entro giugno uno specifico ed autonomo “piano anti-povertà”. Repubblica in questa infografica fa i conti sulla nascita del tesoretto, e ci informa che l’anno prossimo (quello in cui il governo ha previsto un boom del PIL, che dovrebbe crescere a un tasso raddoppiato rispetto a quello del 2015) la somma da spendere arriverà a 6,4 miliardi:

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Come si forma il tesoretto di Renzi (La Repubblica, 11 aprile 2015)

L’ipotesi più probabile è che il bonus alla fine finisca proprio dove diceva Poletti. Ovvero in una misura che vada incontro ai bisogni delle classi indigenti, quelle escluse dal bonus degli 80 euro che finora ha costruito le fortune elettorali di Matteo. Anche perché l’aiuto di oggi potrebbe essere più concreto l’anno prossimo, quando i soldi da stanziare dovrebbero essere di più. Ma a contrastare questa ipotesi ci sono due dati di fatto di cui a Palazzo Chigi dovrebbero tenere conto.
 
COSA FARE DA GRANDI
Il primo dato di fatto è che il bonus da 80 euro, che si avvia a diventare una misura strutturale secondo le promesse del governo, non ha dato quella scossa ai consumi che gli analisti economici vicini al governo promettevano. Alla fine anzi l’effetto è stato misero, anche perché è difficile riportare a spendere una classe tartassata e indebitata a causa della crisi e della politica dei predecessori di Renzi. O almeno, ci vorrà del tempo prima che succeda. In attesa di questo, quindi, il rischio è che una mossa del genere porti a effetti di nuovo minimi nei confronti dei consumi interni: questo frena dal destinare in automatico il bonus o tesoretto. Che potrebbe essere anche destinato a cancellare misure impopolari come l’IMU agricola (per un gettito di 300 milioni), e quindi a copertura sempre degli 80 euro. Ma questo significherebbe tornare a beneficiare soltanto una classe di italiani (e di elettori), e in maniera impercettibile ai più. E allora?
def cosa cambia
Allora la scelta di Renzi probabilmente non tarderà ad arrivare. Perché le elezioni regionali si avvicinano, e perché comunque è meglio decidere il prima possibile per non scatenare un assalto alla diligenza da parte di maggioranza e opposizioni varie.
 

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