I cinque milioni di poveri in Italia

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2019-11-16

Dal 2007 ad oggi il numero dei poveri ha registrato un incremento del 181% (+121% sulle famiglie). Nelle regioni di Sud e Isole l’incidenza della povertà assoluta sugli individui raggiunge rispettivamente l’11,1% e il 12,0% a fronte di valori molto più contenuti registrati nel Centro (6,6%) e nel Nord (6,8%)

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In Italia oggi risultano in uno stato di povertà assoluta 1 milione 800mila famiglie (il 7% dei nuclei familiari) per un totale di oltre 5 milioni di individui (l’8,4% della popolazione). I dati appaiono pressoché stabili se confrontati con quelli di un anno fa; nel 2017 infatti l’incidenza si attestava al 6,9% per le famiglie e all’8,4% per gli individui. E’ quanto emerge dal report 2019 della Caritas su Povertà ed esclusione sociale.

I cinque milioni di poveri in Italia

Dal 2007 ad oggi il numero dei poveri ha registrato un incremento del 181% (+121% sulle famiglie). Nelle regioni di Sud e Isole l’incidenza della povertà assoluta sugli individui raggiunge rispettivamente l’11,1% e il 12,0% a fronte di valori molto più contenuti registrati nel Centro (6,6%) e nel Nord (6,8%). Nel corso del 2018 tendono ancora ad aumentare i cosiddetti “working poor”. In particolare cresce la situazione di criticità delle famiglie il cui “capofamiglia” è impiegato come operaio o assimilato; tra loro risulta povero in termini assoluti il 12,3% del totale. Colpisce e allarma il confronto tra la situazione delle famiglie di operai di oggi con quella antecedente al 2008: tra loro, in soli dieci anni, l’incidenza della povertà in soli dieci anni, l’incidenza della povertà assoluta è aumentata del 624% (passando dall’ 1,7% del 2007 al 12,3% di oggi).

la crisi pagata dai bambini 1
0-17enni in povertà assoluta (La Stampa, 28 ottobre 2019)

Tra i disoccupati la povertà assoluta arriva al 27,6%.  Ad incidere in modo particolare sulla povertà assoluta risultano per lo più la cittadinanza, l’ampiezza dei nuclei e l’eventuale presenza di figli minori, il livello di istruzione, l’età, lo stato di disoccupazione e, in caso di occupazione, il tipo di lavoro svolto.  Il reddito di cittadinanza invece prevede importi molto più sostanziosi del Rei ma vi sono degli sfavoriti: i nuclei con 5 e più componenti e i nuclei con figli minori che ricevano un aumento meno che proporzionale tanto che i singoli ricevano un contributo superiore della soglia di povertà, mentre le famiglie con 4 e più ricevono un importo sempre inferiore alla soglia di povertà. Il Reddito di cittadinanza ha una platea di beneficiari potenziali di gran lunga superiore al Rei (e a oggi ne ha raggiunte più di 2 milioni), ma vi sono degli esclusi: sono gli 87.000 nuclei di stranieri extra Ue che sono stati tagliati fuori dal criterio della residenza 10 anni e i senza dimora, i restanti poveri assoluti che non rispettano i criteri di residenza e quelli che non rispettano quelli di reddito e patrimonio; non prevede un coordinamento unitario delle risposte territoriali che non è più in capo ai soli servizi sociali e scompagina il sistema di interventi, segmentandolo (con persone convocate dai Cpi o dai Servizi sociali); i progetti di accompagnamento con i Cpi e i servizi sociali non sono stati avviati contestualmente alla ricezione del beneficio economico, ma stanno partendo dopo alcuni mesi.

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