Attualità
I focolai nel mondo oggi: da dove possono arrivare i contagi
di Alessandro D'Amato
Pubblicato il 2020-07-06
Oggi nazioni come gli Stati Uniti o il Brasile registrano 40-50mila casi al giorno anche a causa del lassismo assecondato da chi li governa che rasenta il negazionismo. E il sistema delle frontiere chiuse e della quarantena non sta funzionando
L’Italia studia i tamponi in aeroporto per chi arriva dai paesi fuori dall’area di Schengen perché molti dei nuovi focolai di Coronavirus SARS-COV-2 sono di importazione dall’estero: dall’imprenditore della Laserjet di Pojana Maggiore di ritorno da un viaggio nei paesi della ex Jugoslavia al cittadino kosovaro che non ha rispettato la quarantena a Trieste, dai cittadini del Bangladesh di ritorno a Roma dal paese natale fino ai macelli del Mantovano.
I focolai nel mondo oggi: da dove possono arrivare i contagi
Per questo oggi la grande paura è che il contagio riprenda a causa di persone infette giunte da altre nazioni. Lo stesso, ad esempio, è successo in Nuova Zelanda, che era divenuta “Paese Covid free”. E la situazione è resa ancora più difficile dal fatto che la pandemia è stata fondamentalmente asincrona, e quindi quando ha cominciato a scemare in Cina ed Europa ha colpito il continente americano con ancora maggiore virulenza. Oggi nazioni come gli Stati Uniti o il Brasile registrano 40-50mila casi al giorno anche a causa del lassismo assecondato da chi li governa che rasenta il negazionismo. E il sistema delle frontiere chiuse e della quarantena non sta funzionando. Ma quali sono le aree del mondo in cui l’epidemia sta galoppando? Una di queste, spiega oggi il Messaggero, sono i Balcani:
Lo dimostra la storia dell’imprenditore di Vicenza tornato positivo da un viaggio in Serbia e in Bosnia,ma anche il focolaio del Trentino, che si è sviluppato tra gli immigrati rientrati dal Kosovo. I dati sono davvero poco incoraggianti: in Serbia ci sono stati ieri 302 casi (il 50 per cento in più dell’Italia in un paese che ha un decimo degli abitanti), tanto che la Grecia ha deciso di proibire gli arrivi da Belgrado. Il Kosovo ha avuto 178 casi in un giorno, ma in totale ha poco più degli abitanti della Liguria.
141 casi in un giorno in Bosnia (3,3 milioni di abitanti). Segnali negativi anche da Macedonia, Albania e Montenegro. Anche dall’Est Europa arrivano segnali poco incoraggianti: la Romania viaggia a 400 casi giornalieri, ma in generale i dati sono in aumento anche in Bulgaria, Moldavia e Ucraina (per non parlare della Russia ovviamente). In sintesi: nell’Est Europa stanno vivendo una fase dell’epidemia che era più o meno quella dell’Italia di qualche settimana fa. Se non si alza il livello di vigilanza, si rischia di compromettere tutto.
E poi ci sono l’India, il Pakistan e il Bangladesh, che ha una foltissima comunità in Italia. Molti cittadini del Bangladesh erano tornati a Dacca quando hanno visto che nel nostro Paese l’epidemia stava avanzando, ora provano a rientrare perché nella loro terra di origine la situazione è perfino peggiore (formalmente poco meno di 170mila casi, ma c’è chi assicura che questo dato ufficiale sia sottostimato).
Stati Uniti, Brasile, Messico, Perù e Cile
Ma i più grandi problemi sono ad Ovest, dove Stati Uniti, Brasile, Messico, Perù e Cile sono un problema sempre più grande. Il Messaggero racconta oggi che sul volo Tap da Lisbona anche l’altro giorno sono arrivati cittadini brasiliani a cui le autorità di frontiera hanno detto che dovranno restare in quarantena due settimane, ma le incognite sono concrete.
Alcuni numeri: il Brasile ormai ha già oltre un milione e mezzo di casi positivi, 65mila morti, soprattutto ha una cultura dominante assecondata dal suo presidente che tende a minimizzare la necessità di contrastare l’epidemia. Occhio anche a Sud: il Marocco sta vedendo aumentare ogni giorno i nuovi casi, anche in Israele i numeri sono in aumento. Il professor Crisanti : «A ottobre avremo molti più focolai, ma se non controlliamo subito chi arriva dall’estero, sarà sempre peggio».
Per questo, spiega oggi il Corriere della Sera, il ministro della Salute Roberto Speranza chiede agli esperti giuridici di studiare la possibilità di imporre il Tso — trattamento sanitario obbligatorio —a chi ha i sintomi del COVID-19 ma continua a stare in giro. Prevedendo anche il trasferimento negli «alberghi sanitari» per chi non può garantirsi l’isolamento di 14 giorni. È un piano che si muove su un doppio binario: le ordinanze regionali e le disposizioni dell’esecutivo.
Le norme in vigore delegano ai governatori la decisione su allentamenti e chiusure in base all’andamento della curva epidemiologica, compresa la proposta di «zone rosse». E su questo schema ci si muove per impedire al virus di circolare pericolosamente. Come sta accadendo nel mantovano con un nuovo focolaio tra i lavoratori di macelli e salumifici. […] E dunque si valuta la possibilità di estendere il test a chi giunge dagli Stati a rischio. Secondo il viceministro della Salute Pierpaolo Sileri «è la strada giusta, monitorare le persone è fondamentale. I dati ci dicono che abbiamo vinto numerose battaglie, ma per vincere la guerra dobbiamo interrompere tutte le catene di trasmissione». Vuol dire «rispettare la quarantena. Gli attuali positivi contagiano un numero molto minore di persone rispetto alle scorse settimane e dunque non possiamo sbagliare».
Basterà? E soprattutto, cosa si farà con chi proviene da un altro paese d’Europa in cui ha fatto scalo arrivando da fuori dell’area Schengen?