La fase 2 tra fine aprile e inizio maggio? Perché potrebbe essere troppo presto

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-04-08

Lunedì 13 aprile scade il decreto ma le restrizioni verranno prolungate per altri 14 giorni. E poi? Secondo gli esperti la fase 2 potrebbe essere avviata tra fine aprile e inizio maggio, accettando il rischio di una nuova impennata dei contagi. Sarebbe più prudente attendere un altro mese. Ma l’industria spinge per ricominciare a maggio

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Non c’è ancora una data per la fase 2, ripetono i membri del governo. E però tra pochi giorni, lunedì 13 aprile, scade il decreto delle restrizioni per il Coronavirus SARS-COV-2 e Giuseppe Conte si prepara, probabilmente qualche giorno prima, a prolungare tutto per altri 14 giorni. La nuova data che verrà quindi fissata sul calendario è quella del 27 aprile, quindi, ma non è detto che per quel giorno potrà essere varata la fase 2, quella dell’allentamento delle misure.

La fase 2 tra fine aprile e inizio maggio?

Il motivo lo ha spiegato oggi la fondazione Gimbe sulla base del proprio modello predittivo elaborato con l’analisi della regressione dei casi utilizzando le variabili dell’incremento percentuale dei nuovi casi e del tempo espresso in giorni: in vista della fase 2 per la riapertura del Paese è “rischioso allentare le misure prima di fine maggio”. Lo afferma la Fondazione Gimbe Le analisi della Fondazione suggeriscono che “la curva del contagio è rallentata, ma l’aumento dei nuovi casi è ancora rilevante e che le misure di distanziamento sociale hanno alleggerito il carico sugli ospedali, ma il loro effetto sul numero totale dei casi è ancora modesto”. Dunque, l’allentamento delle misure “dovrà essere graduale e differenziato per tipologia di intervento e, ove possibile, personalizzato nelle varie Regioni monitorando strettamente l’insorgenza di nuovi focolai”. Se nelle prossime settimane sarà confermato il rallentamento dei nuovi casi, “con una certa dose di spavalderia la fase 2 – rileva la Fondazione – potrebbe essere avviata tra fine aprile e inizio maggio, accettando il rischio di una nuova impennata dei contagi“.

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Coronavirus: i numeri del 7 aprile (Repubblica, 8 aprile 2020)

Se al contrario la linea vuole essere quella della gradualità e della prudenza, si evidenzia nell’analisi, “qualsiasi riapertura prima di fine maggio non si basa sulle dinamiche del contagio in Italia”. Il Governo, afferma il presidente di Gimbe Nino Cartabellotta, “è chiamato a prendere una delle decisioni più difficili della storia della Repubblica, con effetti determinanti sulla nostra salute, sulle nostre libertà individuali e sull’economia del Paese. Guardando ai numeri è fondamentale conoscere quale indicatore guiderà la politica per l’attuazione della Fase 2: sarà, auspicabilmente, la riduzione dei contagi al di sotto di una soglia più bassa possibile? Oppure, ci si limiterà a contenere il verosimile aumento dei ricoveri e dei decessi, per il timore che la popolazione e l’economia non sono in grado di reggere un rigoroso prolungamento del lockdown?”. Nell’impossibilità di prevedere il giorno in cui non ci sarà alcun nuovo caso, chiarisce ancora Gimbe, “il modello prevede che il 16 aprile l’aumento dei casi scenderà al 2%, il 27 aprile all’1%, il 7 maggio allo 0,5% e il 2 giugno allo 0,1%, soglia utilizzata nello Hubei in Cina per allentare le misure”. Il modello, spiega, “viene aggiornato quotidianamente e deve sempre essere maneggiato con cautela perché l’andamento dei contagi potrebbe essere influenzato da variabili non considerate, spesso differenti nelle varie Regioni: insorgenza di nuovi focolai, numero di tamponi effettuati, aderenza alle misure di distanziamento sociale, sovraccarico degli ospedali”.

Ma l’industria spinge per ricominciare a maggio

Della stessa opinione è Lorenzo Monasta, epidemiologo dell’Irccs Burlo Garofolo di Trieste, che ha seguito per l’Italia la ricerca dell’Institute for health metrics and evaluation (Ihme), organizzazione indipendente della School of Medicine dell’Università di Washington che fornisce i dati alla Casa Bianca, e che ha pubblicato ieri le previsioni sull’evoluzione della pandemia: L’Italia “ha superato la fase di picco di Covid-19 e il 19 maggio raggiungerà il traguardo ‘zero decessi’, ma le cose potrebbero cambiare se si allenteranno le misure di distanziamento sociale. Questa però è una stima, che aggiorneremo ogni giorno sulla base dei dati della Protezione civile e di quelli che arriveranno dall’Istituto superiore di sanità”, ha detto oggi all’AdnKronos Salute. “Il totale dei decessi registrati nel nostro Paese sarà di 20.300 al 4 agosto 2020 – aggiunge Monasta – ma bisogna dire che il dato sulla mortalità è molto altalenante: il sistema di registrazione dei casi forse ‘penalizza’ un po’ i modelli. In ogni caso in Italia si registra un eccesso di mortalità nelle regioni più colpite. Ma è importante avere un orizzonte temporale per pianificare, e bisogna ribadire che i modelli possono cambiare – ribadisce – se c’è un allentamento del distanziamento sociale”.

coronavirus fase due
Coronavirus: le tre fasi del piano del governo (Il Messaggero, 2 aprile 2020)

Ma dall’altra parte della barricata ci sono gli industriali. Oggi la Confindustria di Lombardia, Piemonte, Veneto ed Emilia-Romagna ha rilasciato una nota in cui fanno presente che se le quattro principali regioni del Nord che rappresentano il 45% del Pil italiano non riusciranno a ripartire nel “breve periodo il Paese rischia di spegnere definitivamente il proprio motore e ogni giorno che passa rappresenta un rischio in più di non riuscire più a rimetterlo in marcia”.  Da qui la richiesta, appunto, di una roadmap per la ripartenza attraverso “un percorso chiaro e decisioni condivise con una interlocuzione costante tra Pubblica amministrazione, associazioni di rappresentanza delle imprese e sindacati che indichi le tappe per condurre il sistema produttivo verso la piena operatività”. Per gli industriali del nord, la salute “e’ il primo e imprescindibile obiettivo: le imprese devono poter riaprire, ma è indispensabile che lo possano fare in assoluta sicurezza, tutelando tutte le persone. Le aziende sicure devono poter lavorare. Chi non e’ in grado di assicurare la sicurezza necessaria nei luoghi di lavoro non può aprire”. Nessuna data,  ma quella ha pensato a fornirla Carlo Robiglio, il presidente della Piccola Industria, il 98% delle aziende in Confindustria: “Questa situazione in maggio deve trovare una soluzione, se si scavalla l’estate con un blocco di questo tipi i rischi diventano pesantissimi. A parte le attività stagionali, che non riaprirebbero mai più”. E avverte: “Bisogna che per fine aprile inizio maggio inizi almeno la fase due per una serie di attività”. La politica dovrà decidere.

Leggi anche: Cosa riapre dopo il 13 aprile: il piano Conte in due tappe per la Fase 2

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