Evasione fiscale: i 109 miliardi l’anno di IVA in fumo

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2019-09-30

Secondo un’analisi di Prometeia i mancati versamenti valgono quasi il doppio degli interessi che paghiamo ogni anno sul debito. Bisogna incidere sul lavoro nero

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Ferruccio De Bortoli sul Corriere Economia oggi presenta uno studio di Prometeia sull’evasione fiscale italiana: secondo i dati ufficiali (che verranno aggiornati dalla Nadef) il tax gap,ovvero la differenza tra le tasse dovute e quelle pagate, è di 109 miliardi l’anno, in media nel periodo, il 6,4 per cento del Pil, il Prodotto interno lordo.

L’Iva è la tassa più evasa. Secondo la Commissione europea (dati relativi al 2017), gli Stati membri avrebbero perso 137 miliardi di gettito Iva, di cui 33 miliardi in Italia, 25 in Germania, 12 in Francia. Sostanzialmente un quarto dell’Iva italiana sarebbe regolarmente elusa. Questo fenomeno avrebbe, secondo Prometeia, una stretta relazione con l’evasione da redditi di lavoro autonomo e piccole imprese che in Italia – particolare da non sottovalutare per non fare di ogni erba un fascio – è molto più sviluppato che negli altri Paesi.

Coinvolge il 23,8 per cento degli occupati contro il 14,9 nella media europea. Per questi redditi il tax gap, è cresciuto dal 64,2 per cento del 2011 al 67,8 del 2016 mentre, nel corrispondente periodo, il tasso di evasione dell’Iva si è seppur di poco contratto, dal 27,5 al 26,4 per cento. Come se ci fossero due vasi comunicanti: riduco il livello di evasione da una parte, si accresce dall’altra. «Il grosso dell’evasione sta qui – commenta Lorenzo Forni, segretario generale di Prometeia – e dunque una seria lotta al nero passa dall’Iva, anche da una eventuale rimodulazione delle aliquote e soprattutto da strumenti che incentivino la tracciabilità delle transazioni, come la fatturazione elettronica – che secondo le stime dà un gettito di 2 miliardi superiore alle attese – e dai pagamenti digitali.Ma non mi aspetterei miracoli.

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L’evasione fiscale in Italia e l’IVA (Corriere Economia, 30 settembre 2019

L’ipotesi di un credito di imposta sui pagamenti con carte, lo stesso scontrino fiscale, in vigore dall’inizio del prossimo anno, compresa la lotteria come in Portogallo, comporta non poche complicazioni. I pagamenti vanno certificati, devono essere nominativi, con l’indicazione forse del codice fiscale. E poi ci sono dei rischi: da una parte che si finisca paradossalmente per incentivare il nero (ad esempio per chi non vuole lasciare traccia di tutte le sue spese perché magari non coerenti con le entrate che dichiara), dall’altra che gli scontrin idiventino una sorta di moneta parallela».

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