Manovra: cosa succede se si entra in esercizio provvisorio

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2018-12-18

L’ultima proposta a Bruxelles contiene troppe entrate che incidono per un solo anno, da quelle per le vendite di immobili pubblici alla «eco-tassa». Invece la Commissione chiede 3 miliardi di misure «strutturali»

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L’esercizio provvisorio è quell’istituto regolato dalla Costituzione che interviene se lo Stato non riesce ad approvare la legge di bilancio prima della fine dell’anno. Se il Parlamento non riuscisse ad approvare la legge di Bilancio entro il 31 dicembre 2018, entrerà quindi in scena l’esercizio regolato dall’articolo 81 della Costituzione che può durare al massimo 4 mesi. In ogni mese, lo Stato può spendere solo un dodicesimo di quanto stanziato dalla legge di Bilancio dell’anno precedente nelle sue varie poste.

Manovra, il rischio è l’esercizio provvisorio

E di esercizio provvisorio si torna oggi a parlare perché la Manovra del Popolo del governo Conte non ha ancora una forma definitiva: la commissione Bilancio del Senato era pronta a ricevere dal governo il maxiemendamento stamattina e a presentare e votare i sub-emendamenti per salvare, almeno in apparenza, qualche prerogativa degli eletti. Il testo uscito dalla commissione sarebbe dovuto arrivare in aula a Palazzo Madama giovedì, al massimo venerdì, con la fiducia. Per poi passare alla Camera il prima possibile. Ma è stato tutto rinviato proprio perché c’è bisogno di nuovi interventi e finiscono a rischio provvedimenti-bandiera come le pensioni di cittadinanza, ora a rischio rinvio nel 2020.

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Manovra e imprese: i calcoli della CGIA (fonte)

E non c’è solo questo problema. I senatori sono andati a dormire senza sapere se la commissione Bilancio, convocata alle 9:30, avrà un testo da visionare ed emendare. O se dovrà restare congelata, mentre la Camera tenterà il rush per approvare almeno in via definitiva la legge anti-corruzione. A Montecitorio, per come si sono messe le cose, la manovra di Bilancio non potrà che arrivare il 28, il 29 e il 30 dicembre. Quasi fuori tempo massimo. Anche se l’ingranaggio della trattativa funzionasse alla perfezione, basterebbe un granello, un dubbio, un rinvio, a incepparlo. Facendo entrare in scena proprio l’esercizio provvisorio.

I risparmi per tre miliardi chiesti dall’UE

Spiega oggi Federico Fubini sul Corriere della Sera che l’ultima proposta inviata dal governo a Bruxelles contiene troppe entrate che incidono per un solo anno, da quelle per le vendite di immobili pubblici alla «eco-tassa» sulle auto di grossa taglia. Invece la Commissione Ue chiede fra 2,5 e tre miliardi di misure «strutturali» e non solo temporanee in più (pari allo 0,15% o 0,20% del prodotto lordo).

Di qui lo stallo che continua, pericolosamente, su questioni quasi solo di forma. Un tentativo di via d’uscita è nell’apertura del governo a ridurre la sua previsione di crescita per il 2019 dall’1,5% all’1%: per ragioni tecniche, ciò farebbe scendere anche il deficit «strutturale». Più rilevante è però che il governo prometta di contenere deficit e debito nel 2020 con un maxi-aumento di Iva e accise da 20 miliardi di euro.

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Il reddito di cittadinanza (Corriere della Sera, 15 dicembre 2018)

Ecco quindi che oggi sarà la giornata decisiva, salvo che non sia domani o dopodomani: ogni trattativa con la UE si riduce a penultimatum su penultimatum ogni anno, ma stavolta la novità è che si sta scherzando con il fuoco. E qualcuno si brucerà. Non necessariamente chi ha i fiammiferi in mano, però.

Leggi sull’argomento: Lo sconto di quattro miliardi che Di Maio e Salvini hanno fatto all’Europa

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