Decommissioning: i costi eterni del nucleare in Italia

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2018-05-23

Le quattro centrali chiuse dopo il referendum del 1987 sono ancora in attesa dello smantellamento. I rifiuti radioattivi italiani sono in giro per l’Europa a creare energia a pagamento. Il deposito è ancora lontano. E 3,7 miliardi di euro sono nel frattempo sfumati

article-post

Il Dataroom di Milena Gabanelli sul Corriere della Sera di oggi si occupa del decommissioning, ovvero dello smantellamento delle centrali nucleari che sono un residuo della breve stagione del nucleare all’italiana, interrotta dal referendum del 1987 che ha vietato la produzione di energia dall’uranio. Come sappiamo, la gestione dei rifiuti radioattivi e delle centrali sono affidati alla Sogin-Società gestione impianti nucleari, l’azienda dello Stato (100% del Tesoro ma supervisione del ministero dello Sviluppo) nata nel 1999 per smantellare le centrali di Caorso, Trino, Latina e Garigliano, e gli impianti ex-Enea.  Tutti i costi sono coperti dalla bolletta elettrica pagata ogni bimestre dai consumatori.

decommissioning energia nucleare 1
Nucleare, i costi eterni del decommissioning (Corriere della Sera, 23 maggio 2018)

Dal 2001 ad oggi 3,7 miliardi di euro sono stati pagati dagli utenti dentro la bolletta elettrica, però solo 700 milioni sono stati utilizzati per lo smantellamento. Il resto è stato speso per i costi di gestione (1,8 miliardi per mantenere in sicurezza i siti, far funzionare la struttura e pagare il personale) e per il trattamento in Francia e nel Regno Unito del combustibile radioattivo (1,2 miliardi).

Considerando che resta da eseguire più del 70% delle attività, e che negli ultimi due anni l’avanzamento dei lavori è stato del 2%l’anno, se non ci sarà un’improvvisa accelerata, è facile prevedere che il «prato marrone» non lo vedremo prima del 2050. E ogni anno in più porterà con sé un inevitabile incremento dei costi.

Dietro questo incredibile ritardo non c’è certo l’indolenza dispettosa di qualche dipendente pubblico, ma l’ignavia della politica che da 30 anni e più non è in grado di indicare un luogo dove poter stipare i rifiuti radioattivi. L’ultimo a provarci fu il governo Berlusconi con Scanzano Ionico, ma dopo le proteste della popolazione e degli ambientalisti tutto si fermò. Il ministro Carlo Calenda aveva dichiarato qualche settimana fa di voler emanare il decreto per le aree idonee per un deposito di scorie nucleari: sarebbe stato uno degli ultimi atti del governo Gentiloni. Il governo è in esaurimento, del decreto non c’è ancora traccia. E i cittadini pagano.

Leggi sull’argomento: Il decreto che individua le aree idonee per un deposito di scorie nucleari in Italia è in arrivo

Potrebbe interessarti anche