Economia
Cosa succede alla pressione fiscale con gli 80 euro?
di Alessandro D'Amato
Pubblicato il 2015-04-12
Le tasse salgono o scendono? Il governo nel DEF spiega come le statistiche ufficiali conteggiano la riduzione del cuneo fiscale e rifà i conti. E annuncia la cancellazione delle clausole di salvaguardia per il 2016
Ma perché la pressione fiscale aumenta anche con il bonus da 80 euro di Renzi? Nei mesi scorsi il ministero dell’Economia aveva spiegato che il dato calcolato da Istat ed Eurostat è frutto di un’analisi statistica che tecnicamente è ancorata a criteri di classificazione contabile che mettono il bonus tra le spese, “cancellandone” così l’effetto sulla pressione fiscale e mostrando un suo aumento. Un intero focus del Documento di Economia e Finanza è dedicato all’analisi dei numeri e alla spiegazione tecnica dei numeri forniti nel DEF, con tanto di riclassificazione con gli effetti del bonus. Questa è la tabella pubblicata all’interno del Focus:
COSA SUCCEDE ALLA PRESSIONE FISCALE CON GLI 80 EURO DI BONUS DI RENZI
Spiega Pier Carlo Padoan:
Nel quadro tendenziale del conto economico delle Amministrazioni pubbliche, nel 2015 la pressione fiscale è attesa rimanere invariata al 43,5 per cento, mentre nel periodo 2016-19 salirebbe prima al 44,1 per cento nel 2016 e 2017 per poi ritornare al 43,7 per cento nel 2019. La crescita evidenziata dallo scenario a legislazione vigente è sensibilmente diversa, e in particolare peggiore, rispetto a quello che realmente si prospetterà alle famiglie ed alle imprese.
Le previsioni risentono infatti sia dei criteri di classificazione contabile della misura relativa al riconoscimento del bonus 80 euro, sia delle clausole di salvaguardia previste dalle Leggi
di Stabilità 2014 e 2015, che dispongono aumenti delle aliquote di imposta e riduzioni di detrazioni e agevolazioni fiscali. Il quadro muta sostanzialmente se, in primo luogo, si opera una classificazione più corretta dal punto di vista economico del provvedimento legato agli 80 euro. Infatti, mentre ai fini della contabilità nazionale gli effetti finanziari delle minori ritenute applicate sul trattamento economico dei lavoratori dipendenti sono registrati tra le spese delle Amministrazioni pubbliche nella categoria delle prestazioni sociali, di fatto questi sgravi si traducono in una minore pressione fiscale sui redditi da lavoro dipendente.
Senza il calcolo, la pressione fiscale è considerata in aumento, come da numeri ufficiali del DEF:
Nel DEF Padoan avverte che il conteggio del 2016 è in questo momento inficiato dal calcolo delle clausole di salvaguardia, che però il governo è orientato a cancellare:
Un altro fondamentale elemento da considerare riguarda le clausole di salvaguardia. Il presente Documento prevede la totale cancellazione degli aumenti di aliquote e revisioni di detrazioni fiscali previsti per il 2016. Resta inoltre il fermo impegno di procedere nella stessa direzione anche per gli anni seguenti. Il Governo ha guadagnato piena credibilità nel mantenere impegni in tal senso (le clausole relative al 2015 previste dalla Legge di Stabilità per il 2014 sono state disattivate) e le aspettative si indirizzeranno in questa direzione. Assumendo anche la completa disattivazione degli aumenti di aliquote connesse alle clausole di salvaguardia fino al 2018, il profilo della pressione fiscale sarebbe decrescente, attestandosi nel 2019 al 41,6 per cento, un livello pari al risultato del 2011
MA ALLORA LE TASSE AUMENTANO O NO?
A parlare di aumento della pressione fiscale era stato ad esempio Maurizio Belpietro su Libero oggi:
Per capire non servono studi approfonditi: è sufficiente dare uno sguardoalle tabelle che accompagnanoil Documento di economiae finanza, ossia le previsionidel governo per quantoriguarda i conti pubblici. Prendiamo la pressione fiscale,cioè le tasse che pesano sul prodotto interno lordo.Nel 2013, quando governava Letta, la percentuale delle imposte raggiunse il 43,4 percento. Nel 2014, con Renzi a Palazzo Chigi, le tasse sono cresciute dello 0,1 per cento (lo dice l’Istat, lo certifica Mario Draghi) e dunque non c’è stata alcuna riduzione. Ma nel Def c’è di peggio. Nel 2016 la pressione fiscale arriverà al 44,1 per cento, ossia lo 0,6 in più rispetto al 2014 e nel 2017 farà il bis. Solo nel 2018 si vedrà una leggera riduzione (dello 0,1%), mentre nel 2019 il prelievo del fisco dovrebbe assestarsi al 43,7. Peggio di Mario Monti (43,5% nel 2012). Tradotto, secondo ilministero dell’Economia non ci sarà nessuna riduzione delle tasse a medio termine, ma anzi ci sarà un forte aumento. Tanto per essere chiari, nel 2011,prima di Monti, prima di Letta e prima di Renzi, la pressione fiscale stava al 41,6 per cento, due punti e mezzo meno rispetto al picco previsto ora dal governo. In soldoni, i contribuenti pagheranno, da qui al 2017, 64,3 miliardi di tasse in più. […]
E per capirlo basta ripassare a memoria il numero di tasse introdotte da un governo che dice diaverleabbassate.In un anno a Palazzo Chigi, Renzi ha aumentato le tasse sui conti correnti e sul capital gain e ha rincarato quelle sui fondi pensione. Cose che riguardano chi ha quattro soldi investiti o custoditi in banca penseranno in molti. Illusi: grazie alla fantasia al governo, l’Iva sui pellets è raddoppiata,le accise sulla benzina sono cresciute, le tasse sulla casa altrettanto. Le imposte non hanno risparmiato né i terreni agricoli né gli impianti di risalita. Per non dire poi della Iuc, l’imposta unica comunale,che dietro all’acronimo nasconde altre tre tasse, ovvero l’Imu, la Tari e la Tasi, un caos fiscale che è sintetizzabile in una cifra: 200 mila aliquote. Tante ne ha infatti calcolate il professore Luca Antonini a proposito della Iuc, cifra che fa impazzire commercialisti e contribuenti alle prese ogni giorno con la complicazione fiscale. Come se non bastasse il Fisco ha usato la mano pesante anche nei confronti dei turisti e già che c’erano, per far quadrare i conti dei comuni falcidiati dai tagli dei trasferimenti, i sindaci hanno deciso di introdurre un prelievo sui viaggiatori,che si paga imbarcandosi su un aereo o su un traghetto, con il risultato che sui biglietti alla fine graverà un salasso di almeno dieci euro a persona.
Ma allora le tasse aumentano o no? La questione da bicchiere mezzo vuoto o mezzo pieno è stata anche oggetto di dibattito su Twitter tra Carlo Alberto Carnevale Maffé, professore di economia alla Bocconi, e Roberto Basso, giornalista e portavoce di Pier Carlo Padoan:
Il professore fa notare che l’integrazione statistica del MEF è frutto di “propaganda renziana”, il portavoce di Padoan risponde che gli effetti concreti sono altrettanto validi rispetto alla statistica:
L’intera conversazione è qui.