Cosa fare se un bambino ha i sintomi di COVID-19 in classe

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2020-08-19

L’alunno in questione verrà portato in un locale adibito all’isolamento nell’attesa che i genitori vadano a prenderlo. Qualora il tampone confermi la diagnosi, si procederà al tracciamento dei contatti. Un caso isolato non basta a decretare la chiusura di una scuola (decisione che spetterà alla Asl e non al preside), ma potrebbe a costringere a restare a casa per due settimane (il tempo della quarantena) i suoi compagni

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«La raccomandazione è di mandare a scuola i bambini in condizione di benessere. Non devono avere sintomi di nessun genere, raffreddore, tosse, diarrea, febbre. Non è detto che tutti questi segnali siano dovuti al virus ma nell’incertezza sara meglio tenerli a casa per maggiore tranquillità. Nessuno meglio di mamma e papà sa capire»: dopo le fregnacce sui bambini con la febbre isolati oggi Alberto Villani, presidente della società italiana di pediatria e membro del Comitato tecnico scientifico, spiega al Corriere della Sera cosa fare se un bambino ha i sintomi di COVID-19 in classe.

Cosa fare se un bambino ha i sintomi di COVID-19 in classe

Il governo ha diffuso le linee guida per il rientro a scuola a settembre, che regoleranno il ritorno tra i banchi di oltre otto milioni di bambini e ragazzi. Il ministero dell’Istruzione e l’Istituto superiore di Sanità sono stati costretti a smentire una fantasiosa ricostruzione su possibili deportazioni di bimbi febbricitanti da scuola alla Asl, senza passare per casa. Si tratta di una fake news: l’alunno in questione verrà semplicemente portato in un locale adibito all’isolamento nell’attesa che i genitori vadano a prenderlo. Qualora il tampone confermi la diagnosi, si procederà al tracciamento dei contatti. Un caso isolato non basta a decretare la chiusura di una scuola (decisione che spetterà alla Asl e non al preside), ma potrebbe a costringere a restare a casa per due settimane (il tempo della quarantena) i suoi compagni. Il Corriere della Sera spiega oggi che le regole di sicurezza e la procedura per gestire un contagio a scuola erano già state anticipate dal Cts a luglio: lo studente o il docente o l’operatore i cui sintomi fanno sospettare che si tratti di coronavirus, va isolato, dotato di mascherina chirurgica e portato in un locale apposito, nel caso sia uno studente, nell’attesa che arrivino i genitori. Per quanto riguarda invece i contatti del contagiato dovrà essere attivato il tracciamento, fornendo i nomi alla Asl che interverrà.

scuola linee guida protocollo
Scuola: il protocollo e le linee guida (Corriere della Sera, 19 agosto 2020)

Ancora incerto è che cosa succederà ai compagni e ai professori coinvolti. Secondo il documento dell’Iss potrebbero essere messi in quarantena: non tutta la scuola — a meno che ci sia un vero e proprio focolaio — ma almeno la classe. In questo caso però si crea un corto circuito: dovrebbe essere assicurata la didattica a distanza ma non si sa da chi visto che i docenti in quarantena sono equiparati a lavoratori in malattia. C’è poi un altro problema da risolvere: quello relativo al ritorno in classe dei malati non Covid assenti per più di 5 giorni, che non è più obbligatorio. Il Cts chiede di presentare un certificato medico ma senza una modifica di legge i pediatri non sono tenuti a farlo. Nel governo si sta ragionando anche di un’altra soluzione. La chiamano il «modello Fiumicino» e non è un caso che sia il Pd a sostenerla, visto che è quella che è stata adottata dalla Regione Lazio guidata da Nicola Zingaretti: si tratta dei tamponi rapidi che vengono fatti ai viaggiatori di rientro da Paesi a rischio.

Una soluzione che permetterebbe di sapere nel giro di poche ore di capire se si è positivi, evitando il panico fra alunni, docenti e genitori. In prima battuta si potrebbe pensare di adottare questa via breve almeno nei casi in cui il contagiato è un genitore o un parente di un professore. Del resto il documento dell’Iss già prevede la possibilità di inviare unità mobili per l’esecuzione di test presso le scuole.

I test sierologici per i professori

Intanto sono partiti in questi giorni i test sierologici gratuiti previsti per il personale scolastico (supplenti inclusi) in vista della riapertura. Non si tratta di un obbligo ma di
un’opportunità data a docenti presidi e bidelli per accertarsi del proprio stato di salute e insieme evitare di portare il contagio dentro la scuola. Per gli studenti al momento sono previsti solo dei controlli a campione, anche se in queste ore il Pd sta spingendo molto per l’adozione di test molecolari rapidi tipo quelli degli aeroporti da far fare agli alunni nel caso che un loro compagno (o prof) sia stato contagiato. Sul tavolo (è il caso di dirlo) c’è però ancora il problema dei banchi, come spiega oggi Repubblica:

Le prime consegne, dopo la proroga dei termini del bando decisa per consentire una più ampia partecipazione alla gara europea, sono fissate per il 12 settembre. Ma, nella già ottimistica previsione, riguarderanno poche migliaia di banchi. Le 11 aziende vincitrici sono state informate dell’esito della gara solo lunedì, a cinque giorni dall’aggiudicazione della gara. Chi sono? Ci vorranno ancora diversi giorni (sulla carta addirittura 30) per saperlo. «Nessun mistero — spiegano dall’ufficio del commissario Arcuri che lunedì ha già respinto al mittente le accuse dell’Associazione presidi — Il codice degli appalti prevede che l’elenco delle ditte, quelle vincitrici e quelle ecluse, venga pubblicato entro 30 giorni. Ci sono degli adempimenti burocratici, consenso, legge sulla privacy. Ma faremo tutto il possibile per accorciare i tempi».

Mistero anche sul costo: il bando non propone alcuna cifra, l’aggiudicazione è stata fatta con un punteggio attribuito tenendo conto dell’offerta tecnica e di quella economica. La gara dovrebbe aver abbattuto il costo standard di 50 euro per un banco tradizionale e quello ipotizzato di circa 200 per quello innovativo: fatti due conti la cifra complessiva dovrebbe oscillare tra i 3 e i 400 milioni. Ma quanti saranno i banchi subito disponibili? E quando sarà completata la distribuzione a tutti gli istituti? Di certo non si potrà che procedere a lotti.

Alcune delle aziende partecipanti alla gara (scommettendo sulla bontà della loro offerta) hanno comunque avviato una prima produzione, ma è impossibile che i due milioni e mezzo di banchi ordinati siano prodotti, consegnati e montati (come prevede il bando) prima di tre mesi.

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