Economia
Coronavirus: le aziende italiane a prezzi di saldo in Borsa
di neXtQuotidiano
Pubblicato il 2020-03-14
I cali sul mercato azionario hanno portato le maxi-imprese del Belpaese a valere poco, pochissimo. Eni vale 24,5 miliardi, Generali meno di 20 e Intesa Sanpaolo solo 25. E questo potrebbe portare a scalate anche ostili da parte di chi può approfittare dell’emergenza
Le aziende italiane a prezzi di saldo in Borsa: con l’emergenza Coronavirus i cali sul mercato azionario hanno portato le maxi-imprese del Belpaese a valere poco, pochissimo. Eni vale 24,5 miliardi, Generali meno di 20 e Intesa Sanpaolo solo 25. E questo potrebbe portare a scalate anche ostili da parte di chi può approfittare dell’emergenza. Spiega oggi Il Sole 24 Ore:
Il 19 febbraio scorso, ultimo giorno di Borsa prima che il paese iniziasse a fare conti con il Covid-19, rappresenta uno spartiacque per il sistema reale e per quello finanziario ed economico. Tanto che ieri a difesa della corporate Italia, con le quotazioni dei big stravolte dalla recente emergenza, è intervenuto anche il Copasir: «Alcune dichiarazioni, vogliamo credere unicamente ascrivibili a errori comunicativi (il riferimento è alle parole del presidente Bce Christine Lagarde, ndr), hanno portato ad un indebolimento importante e repentino di assetti quotati anche strategici.
Certi che gli attori preposti già stiano operando in tal senso, ci permettiamo comunque di sollecitare e sostenere qualsiasi azione di maggior vigilanza verso azioni, speculative o aggressive tendenti a modificare, in questo particolare momento, assetti di controllo e di governance di società quali quelle dei settori bancario-assicurativi, telecomunicazioni, energia e difesa che debbono rimanere nell’alveo dell’interesse nazionale», ha dichiarato il presidente, Raffaele Volpi.
L’altra faccia della medaglia, osservano gli esperti, è che lo scenario globale è talmente fluido che la difficoltà nel comprendere fino in fondo la durata di questa emergenza sconsiglia qualsiasi operazione di compravendita. In questo quadro, dunque, dove la volatilità resta alta, le mire straniere sui gruppi del paese rischiano di essere confinate a un pure esercizio teorico. Tuttavia, i numeri quantomeno consigliano di alzare il livello di attenzione: Generali è sotto i 20 miliardi, Eni vale appena 24,5 miliardi, Unicredit 15,9 miliardi e Fca 12 miliardi.
Ovvio che di fronte a tutto questo il dubbio che qualcuno ne possa approfittare risulta quasi spontaneo. Generali, per esempio, da sempre è vista alternativamente come potenziale preda di francesi (Axa) o tedeschi (Allianz) e ieri viaggiava poco sotto i 19 miliardi mentre lo scorso 19 febbraio il valore di Borsa era a un soffio dai 30 miliardi (-37%). Sono dunque andati in fumo circa 11 miliardi di euro. Le cifre fanno ancora più effetto se si pensa che il primo azionista di Trieste, Mediobanca con il 13%, ha visto il valore di Borsa dimezzarsi passando da 8,6 miliardi a poco più di 4 miliardi. In proposito ieri il ceo del Leone, Philippe Donnet, sulla possibilità di un assalto straniero è stato netto: «Non ci credo e non ci ho mai creduto. Da quello che mi risulta non esiste».