Attualità
Anche i clan di Latina votavano per le liste vicine a Salvini
neXtQuotidiano 13/06/2018
L’arresto del clan Di Silvio, famiglia di nomadi italiano, attivo nella zona di Latina. E i casi di compravendita di voti per 30 euro
Anche i clan di Latina votavano per le liste vicine a Salvini. Lo facevano per un compenso, all’insaputa del leader della Lega e degli altri politici, visto che nessuno di loro è stato sfiorato dalle indagini che ieri mattina hanno decapitato il clan Di Silvio. Il clan Di Silvio, famiglia di nomadi italiano, attivo nella zona di Latina, è stato oggetto ieri di un maxiblitz della polizia, coordinata dalla Dda di Roma, che ha portato all’arresto di 25 persone ritenute responsabili, a vario titolo, di associazione a delinquere di stampo mafioso, traffico di sostanze di stupefacenti, estorsione, violenza privata e reati elettorali. A capo dell’organizzazione Armando Di Silvio, detto Lallà, che poteva contare sull’apporto di familiari, tra cui i figli, la moglie e fidatissimi “collaboratori”. E c’è anche la Lista Salvini tra i partiti per i quali il clan effettuava, nel 2016, la propaganda elettorale a Latina con l’affissione dei manifesti del candidato della lista. Nell’ordinanza cautelare si afferma che “nell’auto di un sorvegliato speciale venivano rinvenuti numerosi manifesti riguardanti candidati (per Latina: Lista Cuori Italia e Lista Salvini; mentre per Terracina: ‘Lista Si Cambia’) alle elezioni amministrative di Latina e Terracina nonché materiale utilizzato per l’affissione. Tale circostanza determina l’accertamento della violazione del codice antimafia avendo il sorvegliato speciale svolto, con altri due soggetti, attività di propaganda elettorale”.
L’indagine di Latina, avviata due anni fa, si basa anche sulle dichiarazioni di un pentito, il primo del territorio pontino. Per gli inquirenti siamo in presenza di una struttura solidissima impegnata in modo pervicace nella gestione di estorsioni e traffico di droga. Dal loro quartier generale di Campo Boario, i Di Silvio imponevano il pizzo a imprenditori, commercianti e professionisti. Le richieste estorsive pressanti e spesso accompagnate da vere e proprie minacce di morte erano rivolte anche ad esponenti dell’avvocatura tanto da spingere l’Ordine, nel 2016, ad indirizzare una lettera a tutti gli iscritti esortandoli a denunciare. “A Latina comandiamo noi…io, Armando e i figli”, afferma al telefono il braccio destro del boss. Una rivendicazione di potere che si esprimeva a vari livelli, compreso quello politico. Il clan, secondo quanto accertato dalla Squadra mobile di Roma e Latina e dallo Sco, tentò di inquinare il voto nelle elezioni amministrative del 2016 nei comuni di Latina e Terracina. Le indagini hanno fatto emergere molti casi di compravendita di voti. Gli esponenti del gruppo hanno costretto, dietro minaccia, numerosi tossicodipendenti ad esprimere la propria preferenza in favore di alcuni candidati (poi non eletti) alle comunali di Latina, ricevendo in cambio circa 30 euro a voto da parte di intermediari dei loro committenti.