Perché la tragedia di Casteldaccia si poteva evitare

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2018-11-05

La villetta era edificata in zona R4, sigla che identifica l’altissimo rischio idrogeologico. I sindaci e gli ex primi cittadini hanno parlato di un ricorso al TAR che bloccava la demolizione. Ma è stato dichiarato estinto da anni. La casa si poteva demolire, ma non è stato fatto

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In contrada Dagale Cavallaro a Casteldaccia si era costruito senza regole, senza criterio, senza rispetto delle distanze dal letto di un torrente piccolo e apparentemente insignificante come il Milicia. Che alla fine ha colpito, uccidendo nove persone  in una casa-villino che doveva essere demolita: lo aveva deciso nel 2008 la giunta di Casteldaccia, allora come ora guidata dal sindaco Giovanni Di Giacinto, che nel frattempo è stato anche deputato regionale. Ma l’ordinanza di demolizione si era fermata per un ricorso al Tar presentato dai proprietari, secondo la versione del primo cittadino. La villetta era edificata in zona R4, sigla che identifica l’altissimo rischio idrogeologico di un’area non lontana dalla foce del fiume, al confine con il territorio comunale di Altavilla Milicia.

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La dinamica della tragedia di Casteldaccia in Sicilia (La Stampa, 5 novembre 2018)

I dati di un report della Regione, datato 2013, indicano in 363 gli abusi accertati in provincia di Palermo, 152 ordinanze di demolizione e solo 15 eseguite. Nel 1996 a Casteldaccia furono presentate circa 1500 istanze di sanatoria: molte sono ancora pendenti e intanto sono arrivate a duemila, ma il piccolo Comune non ce la fa a smaltirle. Fino al conto dei morti:  Rachele e Federico Giordano, 1 e 15 anni, la mamma Stefania Catanzaro, 32 anni, i nonni Antonio Giordano e Matilde Comito, 65 e 57 anni. E ancora il cuginetto Francesco Rughoo, 3 anni, sua madre Monia Giordano, 40 anni, lo zio Marco Giordano, 32 anni, la nonna Nunzia Flamia, 65 anni.

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La zona della tragedia a Casteldaccia (La Repubblica, 5 novembre 2018)

Salvo Palazzolo su Repubblica aggiunge un particolare di grande importanza:  nel 2011, il Tar ha dichiarato la “perenzione” del ricorso, ovvero il processo si è estinto per mancanza di attività delle parti. Il Comune non si era neanche costituito in giudizio, per questo non ha mai ricevuto alcuna comunicazione. Dunque, dal 2011, l’ordinanza di demolizione poteva essere eseguita. Il Comune è stato inadempiente. E, intanto, i due proprietari, residenti a Palermo, affittavano la casa alla famiglia Giordano. Qualche mese fa, la procura regionale della Corte dei Conti ha citato in giudizio proprio i sindaci
Di Giacinto e Fabio Spatafora: viene contestato un danno erariale di 239 mila euro, per «non avere rispettato le norme sul contrasto all’abusivismo». Secondo la magistratura, i primi cittadini avrebbero dovuto pretendere una «indennità di utilizzo» per 31 immobili occupati abusivamente («Ma non sono quelli attorno al fiume», si difende sul quotidiano Spatafora).

EDIT: L’Ufficio Stampa del Consiglio di Stato e della Giustizia Amministrativa precisa in una nota che “il Tar Sicilia – Palermo non ha mai sospeso l’ordinanza di demolizione del sindaco dell’immobile sito in contrada Cavallaro a Casteldaccia travolto dall’esondazione del fiume Milicia (decreto n. 1602 del 2011). Né può sostenersi che la semplice presentazione di ricorso sia di per sé sufficiente a bloccare l’efficacia dell’ordine di demolizione”. “In ogni caso, nel 2011 il giudizio al Tar si è concluso e l’ordinanza di demolizione del sindaco non è stata annullata; né il Comune si è mai costituito in giudizio. Quindi, in questi anni l’ordinanza di demolizione poteva – e doveva – essere eseguita”, si legge. “Ogni altra ricostruzione dei fatti, in merito a questa tragedia in cui hanno perso la vita 9 persone, è falsa e volta a delegittimare l’Istituzione della giustizia amministrativa”, dice il Cga.

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